giovedì 13 dicembre 2018

Zucchine immortali: dopo quatto mesi sono sempre uguali. Com’è possibile? Inchiesta della tv svizzera Patti Chiari

Dimenticarsi le zucchine nel cassetto del frigorifero e ritrovarle immutate dopo mesi. Com’è possibile? Se lo domanda Gianfranco, un cittadino svizzero che dopo aver comprato delle zucchine, le scorda sul davanzale e, dopo mesi, le trova uguali a come le aveva lasciate. Sorpreso vuole ripetere l’esperimento e ricompra alcune zucchine dello stesso tipo (spagnole da agricoltura convenzionale) mettendole a confronto con un paio invece biologiche provenienti dall’Italia. A questo punto Gianfranco decide di fotografare l’evoluzione, ogni giorno, per mesi. Il risultato è strabiliante: dopo 4 mesi le zucchine spagnole sembrano appena comprate, mentre quelle italiane appaiono completamente disidratate e rimpicciolite fino quasi a scomparire. A questo punto lo stupore si trasforma in inquietudine e Gianfranco si domanda se siano stati usati trattamenti particolari sulle zucchine per farle resistere così a lungo e se siano state impiegate sostanze che potrebbero nuocere alla salute di chi le mangia.
Il consumatore vuole saperne di più, e si rivolge a Patti Chiari, la trasmissione svizzera che si occupa di diritti dei cittadini-consumatori. Il team della redazione acquista numerosi campioni di zucchine, importate e locali, e le porta in un laboratorio specializzato in analisi alimentari.
I risultati sono incoraggianti: tutti gli ortaggi, sia svizzeri sia spagnoli, sono conformi alla normativa per quanto riguarda i pesticidi. Sulle zucchine spagnole però, gli esperti trovano tracce di cere e oli vegetali estranei al frutto. È probabilmente questo mix presente sulla superficie esterna che permette di allungare la vita dell’ortaggio, diminuendo l’evaporazione dell’acqua e quindi la disidratazione.
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Hai bisogno di ferro? Mangia tanti spinaci! In realtà il minerale è molto più presente negli alimenti di origine animale come dice l’Iss

Contrariamente alla credenza popolare molto diffusa, consolidata dai cartoni animati del celebre Braccio di ferro, gli spinaci non sono la miglior fonte di ferro per l’organismo, perché gran parte del minerale presente nelle foglie non può essere utilizzato. Il motivo è che  gli spinaci contengono anche sostanze che ne inibiscono l’assorbimento da parte dell’intestino (1). Il tema è trattato in una nota dell’Istituto superiore di sanità (Iss) nella sezione Falsi miti e bufale.
Il ferro è il minerale più abbondante del corpo umano e gioca un ruolo decisivo nella formazione dei globuli rossi (cellule del sangue che trasportano l’ossigeno ai tessuti per farli funzionare). Un uomo adulto o una persona anziana dovrebbe assumerne 10 mg al giorno, mentre per le donne in età fertile la dose raccomandata è quasi doppia: 18 mg(2).
Le persone affette da anemia (carenza di globuli rossi) nel mondo sono moltissime, oltre il 10%, sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. In molti casi la condizione è causata proprio da una carenza di ferro(3). Quando si riscontra il problema è utile integrare la dieta con alimenti ricchi di ferro facilmente assimilabile dall’organismo. È comunque buona regola chiedere consiglio al medico e verificare se si ha effettivamente bisogno di un supplemento. L’eccesso di ferro, soprattutto della forma che non viene assorbita bene dall’intestino, può dare qualche fastidio, come diarrea o crampi addominali.

Il ferro è presente nel cibo in due modi. Quello più facile da assimilare si trova nella carne di pollo, manzo, maiale, cavallo, selvaggina, e nel pesce, alimenti che contengono circa il 40% di “ferro Eme”.  I vegetali e le uova contengono invece ferro nella forma inorganica detto ” ferro non-Eme”, che risulta meno assimilabile dall’organismo.
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martedì 11 dicembre 2018

Come si sceglie un buon panettone? Una lettrice chiede consigli. Eccoli.

Mi è capitato un paio di volte di voler acquistare un panettone speciale per fare bella figura. Confezione superdecorata di un marchio non noto e promessa di qualità  dal nome della pasticceria sulla confezione. Non è andata proprio così. È stata l’unica volta nella mia vita che ho dovuto buttare il panettone perché era veramente immangiabile, secco e apparentemente vecchio, anche se non scaduto. In un’altra occasione ho comprato un panettone ai marroni a marchio di una rinomata pasticceria in montagna. Anche in questo caso una delusione. A fronte di un prezzo elevato, la quantità di castagne contenuta era davvero ridotta. Direi tracce. Che ne pensate di questi episodi?”
Carla, Milano
Preparare un buon panettone non è facile. È un dolce della tradizione molto particolare, perché richiede una perfetta lievitazione, che avviene a più riprese. Prepararlo in casa è quasi impossibile: chi ci ha provato lo sa. La ricetta deve essere seguita alla lettera per riuscire a far lievitare un impasto appesantito dalla ricchezza degli ingredienti, uvette, canditi o, nei tipi più moderni, pezzetti di marron glacé, gocce di cioccolato… Il mercato negli ultimi anni si è sbizzarrito, per attrarre il consumatore.
Per trovare un buon prodotto, per prima cosa occorre verificare in etichetta che contenga burro, uno dei grassi più pregiati della pasticceria. Un’altra variabile importante sono i tempi di lievitazione, la quantità del burro, la freschezza delle uova, il tipo e la quantità di canditi e uvetta.
Contrariamente ad altri dolci, il panettone è il prodotto principe della pasticcera , uno dei pochi preparato con una  lievitazione naturale e che utilizza solo ingredienti di qualità, senza grassi vegetali. Proprio per la complessità della preparazione e per l’alternanza delle varie fasi di lievitazione e raffreddamento (realizzata mettendo i panettoni a testa in giù per 16 ore o in un tunnel a temperatura e umidità controllata per 8 ore) il dolce di Natale si presta bene ad essere preparato a livello industriale. L’intero processo richiede 2-3 giorni e molto spazio a disposizione.
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Un cittadino su due denuncia, troppo difficile curarsi

Cittadinanzattiva, liste d'attesa più lunghe in oncologia

ROMA - Accedere ai servizi sanitari è diventato più difficile: più di un cittadino su due (il 56% nel 2017, +2% rispetto al 2016) denuncia di non riuscire a curarsi nelle strutture pubbliche. Aumentano i tempi per le liste di attesa, le segnalazioni sono salite dal 54,1% del 2016 al 56% dello corso anno. Il maggiore disagio riguarda le visite specialistiche, in particolare quelle oncologiche (segnalazioni dal 7,8% del 2016 al 9,9% del 2017), per chemio e radio terapia.

A fornire i dati è il 21mo Rapporto PIT Salute Cittadinanzattiva - Tribunale del malato. L'accesso ai servizi sanitari pubblici può trasformarsi in un'operazione complessa sia per i tempi che per i costi, spiega il rapporto. Ma a pesare sono i costi: quello dei farmaci, con le segnalazioni che passano dal 19,4% del 2016 al 23,8% del 2017, e quello dei ticket per esami diagnostici e visite specialistiche nonostante la percentuale di persone che si è rivolta a Cittadinanzattiva per questo argomento sia passata dal 33,8% del 2016 al 30,9% del 2017. Per i pazienti che non riescono ad ottenere una visita specialistica o un esame diagnostico in tempi brevi, l'altra croce è l'intramoenia: i costi di accesso alle prestazioni sanitarie vengono segnalati dal 14,6% dei pazienti rispetto al 13% del 2016. Risultano poi in aumento i problemi relativi all'assistenza territoriale, in particolare per quella di base erogata da medici di famiglia e pediatri.

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domenica 9 dicembre 2018

Scoperto gene dell’obesità: spegnendolo i topi mangiano senza ingrassare. Pillola in arrivo?

Un team di ricerca internazionale guidato da studiosi australiani ha scoperto che disattivando un gene – chiamato RCAN1 – i topi possono mangiare a volontà senza ingrassare. Il gene è presente anche nell’uomo, e gli scienziati stanno sviluppando farmaci in grado di inattivarlo. La scoperta potrebbe portare a una pillola anti-obesità rivoluzionaria.



Disattivando un singolo gene chiamato RCAN1 i topi possono mangiare a volontà senza aumentare di peso. Poiché lo stesso gene è presente nell'essere umano, gli autori della scoperta suggeriscono che con una semplice pillola (in grado di inattivare il suddetto gene) si potrebbe definitivamente rivoluzionare la lotta contro l'obesità e le malattie metaboliche correlate, come ad esempio il diabete di tipo 2. A determinare l'efficacia della modifica genetica un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università Flinders di Adelaide, Australia, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Divisione di Cardiologia dell'Università del Texas e del Southwestern Medical Center di Dallas.

Gli scienziati, coordinati dal professor Damien J. Keating, docente presso il Dipartimento di Fisiologia umana e del Centro delle Neuroscienze dell'ateneo australiano, sono innanzitutto andati a caccia di nuovi candidati genetici legati all'aumento di peso, identificando nel gene RCAN1 – già ribattezzato “gene dell'obesità” – un ruolo chiave nella regolamentazione del metabolismo e nella produzione del calore corporeo. Disattivandolo attraverso una modifica ad hoc in modelli murini (topi), Keating e colleghi hanno osservato che gli animali alimentati per un lungo periodo con cibi ad alto contenuto di grassi non aumentavano di peso.

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venerdì 7 dicembre 2018

Prodotti naturali non senza rischi, attenzione in gravidanza, ai bimbi e anziani

VigiErbe, un sito dell'Iss per segnalare le reazioni avverse


Integratori alimentari, tisane, medicinali omeopatici o derivati da erbe: i prodotti 'naturali' sono spesso utilizzati ma non privi di rischi. A mettere in guardia è l'Istituto superiore di sanità (Iss), che ha predisposto un sito web per aiutare i cittadini a segnalare eventuali reazioni avverse a questi prodotti.
    Sempre più persone fanno ricorso a preparati erboristici, di medicina tradizionale cinese e ayurvedica, così come vitamine e probiotici per mantenersi in salute, migliorare il proprio aspetto fisico o per arginare ansia e insonnia. "A volte - spiega l'Iss - si è spinti all'uso di questi prodotti anche nella convinzione che le sostanze naturali che li compongano siano di per sé garanzia di sicurezza. Tuttavia anche questi preparati possono provocare eventi avversi, in alcuni casi anche gravi". Le informazioni sulle possibili reazioni avverse, ricorda l'Iss, sono importanti soprattutto nelle donne in gravidanza, nei bambini, negli anziani e nelle persone che assumono cronicamente farmaci.

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lunedì 3 dicembre 2018

I nostri capelli sono pieni di pesticidi

Siamo pieni di pesticidi, anche nei capelli. A lanciare l'allarme è uno studio che rivela come nei nostri capelli si insinuino quantità elevate di sostanze tossiche che possono danneggiare anche gravemente il nostro sistema nervoso.

Il test è stato condotto dall’istituto Ires (Institut de Recherche & d’Expertise Scientifique) di Strasburgo per conto del Gruppo verdi/Ale al Parlamento europeo. Sono stati analizzati i capelli di  148 cittadini in 6 differenti Stati: Italia, Germania, Francia, Belgio, Regno Unito e Danimarca.

Dal test, condotto in forma anonima e su persone residenti sia in campagna che in città, è emerso che il 60,1% dei capelli era contaminato da uno o più pesticidi. La fascia più colpita sono i giovani fra i 10 e i 20 anni, con un tasso di contaminazione del 73,7%.

Fipronil, peregrina, propiconazolo e clorpirifos etile. Sono questi i pesticidi che abitano i capelli degli italiani. Il Fipronil era presente nel 45,8% dei campioni testati, contro una media europea inferiore al 30% (29,7%). Seguono Permetrina (25%), Propiconazolo (20,8%) e Clorpirifos Etile al 16,7%, un pericoloso insetticida.

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Frutta secca amica della vista: uno studio svela quale protegge gli occhi

Tra i benefici della frutta secca c'è anche quello di proteggere la retina. I risultati di uno studio. Frutta secca che passione. Da qua...