martedì 7 aprile 2020

Coronavirus, gli 11 giorni di Wuhan che avrebbero potuto salvarci dalla pandemia

Sono i giorni più importanti, nella storia di questa polmonite diventata pandemia e la Cina sceglie la strada del negazionismo. Se le autorità avessero agito per tempo i contagi sarebbero stati molto inferiori


Undici giorni. È il tempo passato, a Wuhan, fra la morte di un uomo di 61 anni per Covid19 e l’ammissione pubblica di Zhong Nanshan, epidemiologo cinese, alla tv di stato circa la diffusione di un nuovo virus. Undici giorni fatali per la Cina, e forse per il mondo intero. In quel lasso di tempo, circa 5milioni di persone hanno lasciato la capitale dell’Hubei, muovendosi verso il resto della Cina e il resto del mondo. Portando il contagio ovunque. Diventando, inconsapevolmente, diffusori di una malattia sconosciuta.

Ma andiamo con ordine. La prima vittima ufficiale da Covid19, il sessantunenne di Wuhan, muore il 9 gennaio. Nei giorni precedenti aveva frequentato il mercato alimentare della città, luogo legato a molti dei primi casi di questa pandemia. La sua morte viene annunciata dalla Commissione Sanitaria Municipale due giorni dopo (l'11 gennaio). Le autorità cinesi sono più o meno certe che queste polmoniti fossero state trasmesse da animale a uomo, e che quindi i potenziali infetti erano quelli venuti a contatto con gli animali stessi al mercato cittadino. Nessuno, però, fa trapelare un dettaglio determinante: dopo 5 giorni dalla morte del 61enne, anche la moglie della vittima ha iniziato ad avvertire gli stessi sintomi. E la donna non è mai stata al mercato d Wuhan. Un segnale chiarissimo che il virus misterioso, il nemico sconosciuto, si sta diffondendo da uomo a uomo.

lunedì 6 aprile 2020

Speranza dai ricercatori: il farmaco Ivermectin sarebbe in grado di uccidere il virus

Le analisi sono in fase sperimentale in un ambiente di laboratorio

WELLINGTON - Il farmaco Ivermectin sarebbe in grado di uccidere il Covid-19. La notizia arriva da uno studio pubblicato da alcuni ricercatori dell'Università di Monash, in Australia.
Gli scienziati comunque smorzano l'entusiasmo: il farmaco si è dimostrato efficace in laboratorio, ma l'Ivermectina non può essere utilizzata nell'uomo fino a quando non sono stati completati ulteriori test e studi clinici per confermare l'efficacia del farmaco a livelli sicuri per il dosaggio negli esseri umani.
In ogni caso, i test in una coltura cellulare hanno dimostrato che il farmaco antiparassitario, già disponibile in tutto il mondo, sarebbe in grado di uccidere il virus in 48 ore. «Abbiamo scoperto che una singola dose è in grado di rimuovere tutto l'RNA virale entro 48 ore, ma anche che in sole 24 ore si può notare una riduzione significativa», ha spiegato la dottoressa Kylie Wagstaff, a capo del progetto.

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Il test per sapere se una mascherina funziona davvero ad evitare il contagio

Da quando è stata scatenata la pandemia, sono stati diffusi molti video su come realizzare delle mascherine in casa. Accade però, nonostante la bontà di queste iniziative, che molte di queste non fungono da barriera di protezione per l'organismo. Un pompiere argentino ha pubblicato un video per confutare l'efficacia di questi "dispositivi medici domestici" e spiegare che solo le mascherine chirurgiche proteggono dalle goccioline che trasmettono il  coronavirus.
Pertanto, questa forma di solidarietà può essere un'arma a doppio taglio se non vengono prese adeguate misure di fabbricazione. Ci sono alcune linee guida per la sterilizzazione da seguire, oltre ai tessuti che possono essere usati e quelli da evitare.
Nel video, si può vedere come questo vigile del fuoco volontario di Tortuguitas, in Argentina, simula uno starnuto con un deodorante per testare come le particelle possono passare attraverso la maggior parte dei tessuti (realizzate con fibre artificiali e sintetiche come la friselina) che vengono utilizzati per crearle.

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sabato 4 aprile 2020

Coronavirus, Capua: non sparirà in estate. Primo gatto contagiato apre nuovo fronte infezioni tra animali. Iss: isolarli dai padroni positivi

Ci sono «zero possibilità» che il Coronavirus scompaia con l'estate e con i primi contagi sui gatti si apre un nuovo fronte: quello della gestione delle infezioni tra gli animali da cui tra l'altro tutto è partito. Lo ha detto la virologa Ilaria Capua che dirige l'One Health Center of Excellence all'Università della Florida prima che arrivasse anche la raccomandazione dell'Iss di isolare gli animali domestici a contatto con padroni affetti da COVID-19 perché «sono suscettibili a SARS-CoV-2». 


Capua, in riferimento al virus della Sars, ha ribadito nel corso di una diretta Instagram con il sindaco di Firenze Dario Nardella che in quel caso «è scomparso con l'estate ma non per il caldo. La Sars è stata fermata da un contenimento, non dal caldo». Tra i problemi che hanno portato alla diffusione del Coronavirus anche la globalizzazione, la possibilità di spostarsi rapidamente da una parte all'altra del mondo: «La pandemia spagnola - ha spiegato - ci ha messo due anni a fare il giro del mondo perché è 'andatà a piedi, con le navi». Il Coronavirus, ha aggiunto, «non è un virus super resistente, anzi è fragile, ma si trasmette con grande facilità». «Questo è un fenomeno di portata epocale. Siamo di fronte ad una emergenza sanitaria, ma non è un tunnel senza fine. Ne usciremo» anche se «saremo tutti diversi», ha aggiunto.

Il nodo condizionatori
«Non possiamo escludere il propagarsi del coronavirus dai condizionatori. La Sars 1, nel 2002, si è propagata dai sistemi di aerazione e riscaldamento di un hotel. Non possiamo escludere origine e durata perché conosciamo questo virus solo da quattro mesi, Sappiamo però che i virus sono abbastanza delicati, non sopravvivono a temperature estreme. Il caldo potrebbe seccare lo starnuto e diciamo che quello che cade in terra non potrebbe infettare. Sulla trasmissione area direi, per semplificare, che da qui alla cucina anche no», ha detto la Capua in collegamento dagli Usa su Radio Rai 2, a Caterpillar.


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giovedì 2 aprile 2020

Coronavirus, il 37% dei tamponi dà falso negativo. Bassetti: "Test utile ma non perfetto"

Lo studio scientifico cinese commentato dall'infettivologo del San Martino



GENOVA - Il 37% dei test tampone nasali effettuati per rilevare il Coronavirus nelle persone dà un falso negativo. Questo è il risultato di uno studio effettuato in Cina il Paese dove per primo si è sviluppato il virus e allargato a macchia d’olio.

Il direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova Matteo Bassetti su Facebook riposta lo studio e commenta: "Il tampone come ho detto più volte è un test utile, ma non perfetto. Secondo un articolo scientifico condotto in Cina quello nasale è positivo nel 63% dei casi certi di Covid19 ovvero assistiamo al 37% di falsi negativi. Troppa gente senza competenze mediche e scientifiche parla senza sapere. In Veneto volevano fare il tampone a tutta la popolazione pensando fosse il test perfetto, anche per gli asintomatici. Geniali..." conclude il direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova.

Insomma il dibattito sull’utililtà di fare tamponi su larga scala per individuare i positivi resta d’attualità ma il mondo medico-scientifico continua a spiegare che il test che oggi può dare esito negativo il giorno dopo può invece far risultare la persona positiva pur lo stesso individuo avendo già il virus in incubazione. In Italia fino a questo momento sono stati effettuati oltre 540 mila tamponi, Veneto e Lombardia le regioni dove si sono fatti più test. In Liguria così come annunciato dalla Regione negli ultimi giorni è cresciuto il numero di tamponi giornalieri arrivando nella giornata del 1 aprile quasi a mille in 24 ore e oltre 11mila da inizio emergenza. In Liguria come nella maggior parte delle regioni italiane i test specifici vengono effettuati sulle persone sintomatiche che presentano dunque segnali clinici riconducibili al virus o che sono state a contatto con persone risultate positive.
E allora l'Istituto superiore di sanità (Iss) cerca una via alternativa e sul tavolo mette la possibilità di portare avanti un'indagine a larga scala sulla popolazione utilizzando test rapidi sierologici, che indichino cioè chi ha sviluppato anticorpi al nuovo coronavirus.


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Coronavirus, verso un milione di casi nel mondo

Negli Usa 884 morti in 24 ore, è un record, salta la conferenza sul clima


I casi di coronavirus nel mondo si avviano velecemente verso la soglia del milione di unità: secondo l'ultimo bollettino della Johns Hopkins University i contagi registrati finora a livello globale sono infatti 937.091, mentre il totale dei decessi ha raggiunto quota 47.231 e le persone guarite sono 193.764. 
Intanto gli Usa registrano 884 morti in 24 ore, un nuovo record giornaliero. Complessivamente il numero dei morti nel Paese è di 5.119, mentre i casi sono 216.515. Lo stato di New York è quello più colpito, seguito dal New jersey e dalla California, anche se nuovi focolai si hanno in Lousiana e in Michigan. A New York per la prima volta muore un bambino. Le autorità non hanno rilevato la sua età, tuttavia hanno riferito che aveva delle patologie preesistenti. Inoltre, un bimbo di sei settimane è morto in Connecticut. Trump avverte: i prossimi giorni saranno "orribili". 

Coronavirus molto contagioso anche con sintomi lievi

Nature, si replica facilmente anche in alte vie respiratorie


(ANSA) - ROMA, 1 APR - Il coronavirus può essere trasmesso in modo efficiente anche da parte di chi ha sintomi lievi perché riesce a moltiplicarsi con facilità anche nelle alte vie respiratorie. Lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista Nature e condotta in Germania, dal gruppo dell'Università Charité di Berlino diretto dal virologo Christian Drosten.
    La ricerca si basa sull'analisi di nove pazienti di Monaco, fra giovani adulti e persone di mezza età, con sintomi lievi dell'infezione da coronavirus SarsCoV2 e "indica che c'è un'attiva replicazione del virus nel tratto respiratorio superiore", tale che "i pazienti sono in grado di diffondere il virus ad alti livelli durante le prime settimane della comparsa dei sintomi". Tutti e nove i pazienti erano ricoverati nello stesso ospedale di Monaco per Covid-19.L'analisi di tutti i campioni di muco, espettorato, sangue, urina e feci indica che ci sono "alti livelli di replicazione virale nei tessuti del tratto respiratorio superiore" e "alti livelli di diffusione virale nel tratto respiratorio superiore durante la prima settimana di sintomi".
    Si è inoltre dimostrato che è possibile isolare il virus dai campioni prelevati da gola e polmoni dei pazienti fino all'ottavo giorno di sintomi e mentre i sintomi si andavano riducendo. Due pazienti con primi segni di polmonite hanno continuato a rilasciare alti livelli di virus nell'espettorato fino a 10 e 11 giorni dalla comparsa. E' emerso inoltre che il materiale genetico del nuovo coronavirus, ossia il suo Rna, "è rimasto rilevabile nell'espettorato dopo la fine dei sintomi".

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