giovedì 28 maggio 2020

Coronavirus, polmoni “bruciati dal Covid”: trapiantato un ragazzo di 18 anni. Primo intervento del genere in Europa

Francesco era ricoverato in terapia intensiva dal 6 marzo. Il 30 aprile viene messo in lista, due settimane dopo il donatore. L'operazione è stato eseguita il 18 maggio dai medici del Policlinico di Milano sotto il coordinamento del Centro nazionale trapianti, e pochi giorni dopo replicata a Vienna

Due mesi attaccato al respiratore a soli 18 anni, con i polmoni ormai seriamente compromessi dal Covid-19. Poi il tentativo dei medici del Policlinico di Milano per salvare la vita di Francesco: un trapianto di polmoni, mai effettuato in Europa ma già tentato in Cina. L’intervento è andato a buon fine e ora il ragazzo sta affrontando la convalescenza.
Francesco comincia a star male il 2 marzo, con i sintomi del coronavirus: il 6 marzo viene ricoverato in terapia intensiva all’Ospedale San Raffaele. Due giorni dopo è già intubato, attaccato al respiratore, e dal 23 è collegato alla macchina Ecmo per la circolazione extracorporea. Ma i medici sono preoccupati per lo stato dei polmoni, aggrediti dal virus tanto da essere irrimediabilmente compromessi: confrontandosi con i colleghi del Policlinico, decidono di provare un intervento mai eseguito fino ad ora su un paziente Covid in Europa. Gli unici precedenti sono rari interventi eseguiti in Cina. I medici allertano il Centro Nazionale Trapianti, e il 30 aprile Francesco viene messo in in lista di attesa . Dopo due settimane, la chiamata: un donatore da fuori regione, negativo e compatibile.
L’intervento è stato eseguito il 18 maggio dai medici del Policlinico di Milano, sotto il coordinamento del Centro nazionale trapianti – che in una nota parla di “un successo che appartiene a tutto il Servizio sanitario nazionale” – insieme al Centro regionale trapianti e il Nord Italia transplant program. Il record europeo va però condiviso con Vienna, che quasi contemporaneamente ha effettuato un simile trapianto. Un’operazione particolarmente complessa, sia per le precauzioni raddoppiate, sia per le condizioni in cui si trovavano i polmoni sia per le condizioni degli organi del ragazzo, ormai “lignei estremamente pesanti e in alcune aree del tutto distrutti”, come ha spiegato Mario Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica dell’Università Statale di Milano.
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martedì 26 maggio 2020

Coronavirus, polmoni a rischio per 6 mesi

Polmoni a rischio per almeno 6 mesi dopo essere guariti da Covid-19, mentre il 30% dei pazienti avrà problemi respiratori cronici. Secondo gli esperti, infatti, l'infezione potrebbe lasciare strascichi a lungo termine sulla funzionalità respiratoria e talvolta comprometterla in modo irreversibile, soprattutto nei pazienti usciti dalla terapia intensiva. E' il preoccupante scenario che arriva dal convegno digitale della Società italiana di pneumologia (Sip), durante il quale sono stati messi a confronto i primi dati di follow-up raccolti nel nostro Paese e dai medici cinesi con gli esiti di pazienti colpiti da Sars nel 2003.

Da questo confronto emerge che l'infezione polmonare da coronavirus può lasciare un'eredità cronica sulla funzionalità respiratoria: si stima che in media in un adulto possano servire da 6 a 12 mesi per il recupero funzionale, che per alcuni però potrebbe non essere completo. Dopo la polmonite da Covid-19 potrebbero perciò essere frequenti alterazioni permanenti della funzione respiratoria, ma soprattutto segni diffusi di fibrosi polmonare: il tessuto respiratorio colpito dall'infezione perde le proprie caratteristiche e la propria struttura normale, diventando rigido e poco funzionale, comportando sintomi cronici e necessità, in alcuni pazienti, di ossigenoterapia domiciliare. La fibrosi polmonare potrebbe diventare perciò il pericolo di domani per molti sopravvissuti a Covid-19 e rendere necessario sperimentare nuovi approcci terapeutici come i trattamenti con cellule staminali mesenchimali.

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Coronavirus, in Italia 78 morti nelle ultime 24 ore

Covid 19. "Abbiamo isolato il virus, è meno forte". Svolta in laboratorio: ecco le prove

La rivelazione del presidente dei virologi, Caruso: la variante studiata dai miei ricercatori a Brescia è poco aggressiva. "Prima il morbo era una bomba, ora i tamponi sono appena positivi. E anche chi ha una carica virale forte, non ha sintomi"

Brescia, 26 maggio 2020 - Finalmente si può dire: il virus è diventato meno aggressivo in questo fine maggio italiano. Ci pensa il professore Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), a dare una svolta decisa, grazie soprattutto a una scoperta scientifica. "Sì, il nuovo Coronavirus sta perdendo forza", spiega il virologo, dopo che nel laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili a Brescia, da lui diretto, è stata isolata una variante di virus Sars-CoV-2 "estremamente meno potente, più ‘buona’".
"Mentre i ceppi virali che siamo stati abituati a vedere in questi mesi, che abbiamo isolato e sequenziato, sono bombe biologiche capaci di sterminare le cellule bersaglio in 2-3 giorni – spiega l’esperto –, questo per iniziare ad attaccarle ha bisogno minimo di 6 giorni": il doppio del tempo.
La notizia sarà oggetto di pubblicazione scientifica, ma Caruso vuole anticiparla "per lanciare un messaggio di speranza. Queste varianti virali più attenuate dovrebbero diventare il futuro della probabile evoluzione di Covid-19". Che il nuovo Coronavirus si stia indebolendo è sotto gli occhi di tutti, come dimostrano i bollettini quotidiani che riportano un numero di contagi progressivamente in calo, ma soprattutto le terapie intensive degli ospedali che via via si svuotano. "È tanto vero che sta perdendo forza – sottolinea Caruso, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all’università degli Studi di Brescia – che ogni giorno vediamo tamponi naso-faringei positivi non più in modo forte, bensì debole". La prova molecolare di "infezioni molto leggere, quasi inapparenti. Si vede il virus in dosi molto, molto ridotte".
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domenica 24 maggio 2020

Lunedì inizia l’indagine di sieroprevalenza per capire la reale diffusione del Coronavirus: i cittadini selezionati verranno contattati telefonicamente

Coronavirus, lunedì inizia un grande test di sieroprevalenza in tutt'Italia: ecco come funzionerà


Ministero della Salute e Istat, con la collaborazione della Croce Rossa Italiana, a partire da lunedì 25 maggio, avvieranno un’indagine di sieroprevalenza dell’infezione da virus Sars-CoV-2 per capire quante persone nel nostro Paese abbiano sviluppato gli anticorpi al nuovo coronavirus, anche in assenza di sintomi. Il test verrà eseguito su un campione di 150mila persone residenti in duemila Comuni, distribuite per sesso, attività e sei classi di età. Gli esiti dell’indagine, diffusi in forma anonima e aggregata, potranno essere utilizzati anche per altri studi scientifici e per l’analisi comparata con altri Paesi europei. Per ottenere risultati affidabili e utili è fondamentale che le persone selezionate per il campione aderiscano. Partecipare non è obbligatorio, ma conoscere la situazione epidemiologica nel nostro Paese serve a ognuno di noi. Le persone selezionate saranno contattate al telefono dai centri regionali della Croce Rossa Italiana per fissare, in uno dei laboratori selezionati, un appuntamento per il prelievo del sangue. Il prelievo potra’ essere eseguito anche a domicilio se il soggetto e’ fragile o vulnerabile.
Al momento del contatto verrà anche chiesto di rispondere a uno specifico questionario predisposto da Istat, in accordo con il Comitato tecnico scientifico.

martedì 19 maggio 2020

CORONAVIRUS: il COVID-19 INFETTA pure la PELLE. Ecco l'incredibile SCOPERTA

Il nuovo coronavirus, oltre ai polmoni attacca anche altre parti del nostro corpo, come occhi, cuore e fegato. Ma non solo: una sempre più crescente mole di studi suggerisce che i pazienti affetti da COVID-19 mostrano anche sintomi della pelle, o meglio eruzioni cutanee che possono manifestarsi in varie forme: alcune sono come piccole macchie rosse, mentre altre somigliano a lesioni più estese.
Nonostante tutto, precisano gli esperti, è troppo presto per poter dire se queste eruzioni cutanee sono causate dal nuovo coronavirus o se invece sono correlate ad altri fattori.
"Questa è davvero una domanda da un milione di dollari", spiega Kanade Shinkai, professoressa di dermatologia all’Università della California di San Francisco in un editoriale appena pubblicato su Jama Dermatology, che aggiunge: "Non è chiaro se le lesioni cutanee che osserviamo siano in realtà una manifestazione diretta del coronavirus nella pelle, o se siano per esempio una reazione dovuta alla forte risposta del sistema immunitario".

lunedì 18 maggio 2020

Vaccino Covid, dagli Usa l’annuncio di Moderna: “Positivo test sui volontari, hanno sviluppato gli anticorpi”

La società biotech statunitense Moderna ha annunciato - in anticipo rispetto alla tabella di marcia - i risultati promettenti dei primi test di sicurezza sull'uomo del suo candidato vaccino, in fase di sviluppo in collaborazione con il Niaid, l'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive guidato dal virologo Anthony Fauci. L'azienda ha anche illustrato un piano per un ampio studio clinico "a luglio", per dimostrare l'efficacia del prodotto in sperimentazione.


La società ha riferito che in otto pazienti, seguiti per un mese e mezzo, il vaccino a dosi basse e medie ha innescato livelli ematici di anticorpi specifici simili o superiori a quelli riscontrati nei pazienti guariti. Il plasma  ricco di anticorpi donato da pazienti guariti viene testato separatamente per determinare se si tratta di una terapia efficace per Covid-19. Inoltre il candidato vaccino avrebbe finora dimostrato di essere sicuro e ben tollerato, a parte il rossore nel sito di iniezione per un paziente e alcuni sintomi sistemici in tre pazienti trattati con la dose più alta, ha spiegato l'azienda.

I dati provvisori annunciati oggi arrivano da una sperimentazione clinica volta a dimostrare la sicurezza del vaccino sperimentale e a selezionare la dose corretta. Al momento non sono stati dati dettagli circa le dimensioni o la durata del grande studio che inizierà a luglio, che sarà cruciale per stabilire se il vaccino è sicuro ed efficace.

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Azienda Usa, dati positivi da primi test



giovedì 14 maggio 2020

Kawasaki e Covid, lo studio sui bambini di Bergamo pubblicato su Lancet

In troppi bambini con una sindrome rara e i medici si allarmano, poi le segnalazioni dei pediatri e lo studio. E adesso la più prestigiosa rivista internazionale. E i medici lanciano un monito: "Attenzione a ridurre le misure di distanziamento nei più piccoli"


Lo studio sui bambini italiani colpiti dalla sindrome di Kawasaki, malattia infiammatoria piuttosto rara, è approdato su Lancet, una delle più prestigiose riviste internazionali. Lo studio è stato condotto dai pediatri dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che si erano insospettiti di fronte a numeri molto alti di una malattia che invece si diagnostica raramente. In un solo mese all'ospedale bergamasco avevano registrato tanti casi quanti ne vedevano in tre anni. Troppi per essere un caso.

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Coronavirus e malattia di Kawasaki, l'allarme dei pediatri italiani


Frutta secca amica della vista: uno studio svela quale protegge gli occhi

Tra i benefici della frutta secca c'è anche quello di proteggere la retina. I risultati di uno studio. Frutta secca che passione. Da qua...