Mettendo a confronto le scansioni cerebrali di 58 pazienti con COVID-19 grave con quelle di altre 62 persone, un team di ricerca italo-americano ha determinato che la febbre e la carenza di ossigeno innescate dall’infezione da coronavirus SARS-CoV-2 possono ridurre il volume della materia grigia in determinate aree del cervello.
Come evidenziato da diversi studi, l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 può avere molteplici effetti neurologici, che spaziano dalla perdita dell'olfatto (anosmia) alla “nebbia mentale”, passando anche per encefalopatie, delirio e ictus. Un nuovo studio ha appena dimostrato che la COVID-19 può avere un impatto anche sulla struttura del cervello, alterando le dimensioni di alcune determinate aree. Nello specifico, i pazienti Covid che sperimentano febbre o carenza di ossigeno (ipossia) possono mostrare una riduzione della materia grigia nella regione frontale-temporale del cervello, con diverse conseguenze.
A determinare che la COVID-19 può anche alterare il volume del cervello è stato un team di ricerca italo-americano guidato da scienziati del Georgia Institute of Technology e del Tri-Institutional Center for Translational Research in Neuroimaging and Data Science (TreNDS) dell'Università Statale della Georgia, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Stroke Unit – Azienda Socio Sanitaria Territoriale Spedali Civili di Brescia e di vari dipartimenti dell'Università di Brescia. Gli scienziati, coordinati dal professor Kuaikuai Duan, docente presso il Dipartimento di Ingegneria elettrica e Informatica dell'ateneo di Atlanta, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a confronto scansioni cerebrali di pazienti Covid con quelle di una coorte di controllo, abbinata per per età, sesso e altre condizioni di salute.
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