In alcuni esperimenti condotti in laboratori di massima biosicurezza del Regno Unito, un team di ricerca guidato da scienziati dell’Imperial College di Londra ha dimostrato che l’infettività delle particelle virali del coronavirus SARS-CoV-2 viene abbattuta di mille volte dall’acqua con cloro delle piscine. Bastano solo 30 secondi.
In Italia le piscine al chiuso saranno tra le ultime attività a riaprire in questa nuova fase della pandemia di COVID-19, in generale miglioramento grazie alla combinazione tra chiusure dei mesi precedenti, campagna vaccinale sempre più efficiente e bella stagione. Secondo l'ultimo decreto dedicato alle riaperture, la data cerchiata sul calendario è il primo luglio, sebbene ci si stia muovendo per poterla anticipare. A suffragare il possibile anticipo sulla tabella di marcia vi sono risultati di alcune recenti ricerche, nelle quali è stato dimostrato che le particelle virali del coronavirus SARS-CoV-2 vengono inattivate in una trentina di secondi dall'acqua clorata delle piscine.
Una delle indagini più significative, commissionata da Swim England e Royal Life Saving Society UK (RLSS UK), è stata quella guidata dagli scienziati dell'Imperial College di Londra, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della società Water Babies Ltd. I ricercatori, coordinati dai professori Jonathan C. Brown e Wendy Barclay, docenti presso il Dipartimento di Malattie Infettive dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto alcuni esperimenti nei laboratori di massima biosicurezza del Regno Unito. In parole semplici, hanno mescolato l'acqua della piscina con colture del coronavirus SARS-CoV-2, mostrando che il patogeno pandemico viene neutralizzato in poche decine di secondi. Nello specifico, l'acqua clorata ne riduce l'infettività di un migliaio di volte in soli 30 secondi.
Ma che caratteristiche deve avere l'acqua della piscina per essere così efficace? Gli scienziati hanno determinato che deve avere una concentrazione di cloro pari a 1,5 milligrammi per litro di acqua, mentre il pH deve essere compreso tra 7 e 7,2. Il cloro è risultato tendenzialmente più efficace con un pH più basso. “Abbiamo eseguito questi esperimenti nei nostri laboratori ad alto contenimento a Londra”, ha dichiarato la professoressa Barclay in un comunicato stampa. “In queste condizioni di sicurezza, siamo in grado di misurare la capacità del virus di infettare le cellule, che è il primo passo della sua trasmissione. Mescolando il virus con l'acqua di piscina, abbiamo potuto dimostrare che il virus non sopravvive, il che significa che l'acqua non era più infettiva. Questo, insieme all'enorme fattore di diluizione delle particelle virali che potrebbero finire in una piscina da una persona contagiata, suggerisce che la possibilità di contrarre COVID-19 dall'acqua delle piscine è trascurabile”, ha aggiunto la scienziata.