Ogni settimana 80.000 cosce di maiale inadatte a diventare prosciutti crudi di Parma e di San Daniele Dop entrano in modo truffaldino nel circuito e vengono poi vendute a prezzi stratosferici nelle salumerie e nei migliori supermercati. Nessuno però lo dice. Non dicono nulla i direttori dei Consorzi coinvolti fino al collo in questa vicenda. Anche l’associazione di allevatori Unapros e i macellatori e i prosciuttifici di Assica non rilasciano dichiarazioni, pur essendo molti dei loro associati protagonisti delle frodi. Anche le rappresentanze di Coldiretti e Confagricoltura preferiscono non commentare. Tutti sperano che lo scandalo di Prosciuttopoli finisca nel dimenticatoio, anche se un mese fa sono arrivate le prime condanne decise dal tribunale di Torino che hanno riacceso i fari sulla vicenda. In realtà Prosciuttopoli va avanti, perché nei prosciuttifici continuano a essere stoccate centinaia di migliaia di cosce illegali, destinate ad essere stagionate e vendute come veri prosciutti di Parma e San Daniele Dop.
Prosciuttopoli è l’inchiesta realizzata da Il Fatto Alimentare un anno fa. Nell’aprile del 2018 scriviamo che almeno 1,2 milioni di falsi prosciutti di Parma e San Daniele (ottenuti da maiali troppo pesanti, non adatti alla stagionatura, da cui si ottengono cosce più grandi, salumi più magri e prosciutti che pesano 1 kg di più), sono finiti sul mercato. I due istituti di certificazione accusati di non avere controllato in modo inadeguato la filiera, vengono commissariati per 6 mesi. Tutto sembra finito con l’arrivo delle prime condanne a maggio 2019. Ma non è così.
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