lunedì 18 maggio 2020

Vaccino Covid, dagli Usa l’annuncio di Moderna: “Positivo test sui volontari, hanno sviluppato gli anticorpi”

La società biotech statunitense Moderna ha annunciato - in anticipo rispetto alla tabella di marcia - i risultati promettenti dei primi test di sicurezza sull'uomo del suo candidato vaccino, in fase di sviluppo in collaborazione con il Niaid, l'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive guidato dal virologo Anthony Fauci. L'azienda ha anche illustrato un piano per un ampio studio clinico "a luglio", per dimostrare l'efficacia del prodotto in sperimentazione.


La società ha riferito che in otto pazienti, seguiti per un mese e mezzo, il vaccino a dosi basse e medie ha innescato livelli ematici di anticorpi specifici simili o superiori a quelli riscontrati nei pazienti guariti. Il plasma  ricco di anticorpi donato da pazienti guariti viene testato separatamente per determinare se si tratta di una terapia efficace per Covid-19. Inoltre il candidato vaccino avrebbe finora dimostrato di essere sicuro e ben tollerato, a parte il rossore nel sito di iniezione per un paziente e alcuni sintomi sistemici in tre pazienti trattati con la dose più alta, ha spiegato l'azienda.

I dati provvisori annunciati oggi arrivano da una sperimentazione clinica volta a dimostrare la sicurezza del vaccino sperimentale e a selezionare la dose corretta. Al momento non sono stati dati dettagli circa le dimensioni o la durata del grande studio che inizierà a luglio, che sarà cruciale per stabilire se il vaccino è sicuro ed efficace.

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Azienda Usa, dati positivi da primi test



giovedì 14 maggio 2020

Kawasaki e Covid, lo studio sui bambini di Bergamo pubblicato su Lancet

In troppi bambini con una sindrome rara e i medici si allarmano, poi le segnalazioni dei pediatri e lo studio. E adesso la più prestigiosa rivista internazionale. E i medici lanciano un monito: "Attenzione a ridurre le misure di distanziamento nei più piccoli"


Lo studio sui bambini italiani colpiti dalla sindrome di Kawasaki, malattia infiammatoria piuttosto rara, è approdato su Lancet, una delle più prestigiose riviste internazionali. Lo studio è stato condotto dai pediatri dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che si erano insospettiti di fronte a numeri molto alti di una malattia che invece si diagnostica raramente. In un solo mese all'ospedale bergamasco avevano registrato tanti casi quanti ne vedevano in tre anni. Troppi per essere un caso.

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Coronavirus e malattia di Kawasaki, l'allarme dei pediatri italiani


venerdì 8 maggio 2020

Coronavirus, l’immunologa Antonella Viola: “La cura al plasma ha effetti collaterali e non è poco costosa”

L’immunologa Viola: “Cura al plasma costosa”

Antonella Viola, immunologa dell’Istituto di Ricerca Pediatrica (IRP) di Padova e ospite fissa della trasmissione Piazzapulita, durante la puntata di giovedì 7 maggio del programma di La7 ha espresso le sue perplessità sulla cura al plasma, che tanto sta facendo discutere da quando la prima sperimentazione all’Ospedale di Mantova ha dato riscontri confortanti. L’immunologa ha voluto fare chiarezza, smentendo le teorie del complotto circolate sui social secondo cui governo e case farmaceutiche vorrebbero nascondere gli effetti benefici della plasmaterapia. Anche Matteo Salvini, negli scorsi giorni, ha pubblicato con insistenza post e tweet in cui parla della cura sperimentata dal professore Giuseppe De Donno, chiedendosi perché l’esecutivo non l’abbia adoperata in modo più estensivo, addirittura come un rimedio che possa essere sostituito al vaccino.
“C’è stato un gran discutere sul plasma come di qualcosa di sostitutivo al vaccino. È una cura, non è una prevenzione. E non è una novità, la conosciamo da 100 anni, ma non è né semplice né poco costosa. Ha effetti collaterali e non è qualcosa che le case farmaceutiche stanno nascondendo”, ha sottolineato Viola. 

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Rezza a TPI: “La terapia al plasma? Funziona ma non sostituisce il vaccino”





Coronavirus, la foto del virus cambia tutto: si muore per insufficienza renale

La straordinaria scoperta dell'istituto "Mario Negri", stravolge tutte le teorie: non solo i problemi respiratori causano i decessi

Coronavirus, la foto del virus cambia tutto: si muore per insufficienza renale

L'emergenza Coronavirus prosegue senza sosta in Italia, la malattia continua a farla da padrona e le cause e i rimedi sono ancora allo studio. In attesa di un vaccino per il quale servirà almeno un anno, tutti gli ospedali studiano soluzioni alernative, con farmaci sperimentali e terapie delle più svariate. Ma potrebbe esserci stata una svolta, dopo una scoperta fatta analizzando la foto di un'autopsia. "La causa della morte non è solo l’insufficienza respiratoria ma in moltissimi casi è l’insufficienza renale". E' stato, infatti, immortalato per la prima volta in Europa il coronavirus all’interno di una cellula renale. La scoperta - si legge sul Corriere della Sera - arriva dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche «Mario Negri» di Bergamo. I ricercatori hanno individuato il virus in un campione proveniente da un’autopsia eseguita su un paziente morto al Giovanni XXIII.

giovedì 7 maggio 2020

Coronavirus: pronto il test della saliva, riflettori sul plasma

Elaborato da equipe Asst Sette Laghi e Università Insubria impiega dai 3 ai 6 minuti. Sarà presto messo in commercio con un vero e proprio kit


Il Test rapido salivare (Trs) in grado di rilevare il Coronavirus "in pochissimi minuti funziona e sarà presto messo in commercio con un vero e proprio kit". È quanto rende noto l'Azienda Sanitaria Territoriale dei Sette Laghi, in collaborazione con l'Università dell'Insubria di Varese. 
Il nuovo strumento in grado di diagnosticare la positività al Covid-19 attraverso la saliva, "impiegando dai 3 ai 6 minuti", funziona analogamente a un test di gravidanza. La saliva viene raccolta su una striscia di carta assorbente e trattata con un apposito reagente: se compare una banda, il soggetto è negativo, se due bande, è positivo. Secondo la nota dell'Università dell'Insubria e dell'Asst dei Sette Laghi, sarà in grado di diagnosticare la positività anche su soggetti asintomatici, peculiarità importante alla luce della progressiva riapertura delle attività produttive. A dirigere l'equipe che ha messo a punto il test sono stati il rettore dell'università Angelo Tagliabue, professore di Odontostomatologia, e Paolo Grossi, infettivologo referente regionale e ministeriale per l'emergenza Covid-19, su input del ricercatore di Odontoiatria Lorenzo Azzi e del professor Mauro Fasano, esperto in Biochimica. La realizzazione dei reagenti e dei kit è avvenuta nei laboratori dell'Insubria a Busto Arsizio (Varese) ed è stata coordinata dalla ricercatrice Tiziana Alberio.
Intanto il vaccino jolly, perché protegge da 10 ceppi virali isolati in diversi Paesi (Italia inclusa), funziona su topi e macachi. Il vaccino cinese PiCoVacc è basato su una forma purificata del virus SarsCoV2. 
Sotto i riflettori invece la cura con il plasma.  L'uso del plasma da convalescenti come terapia per il Covid-19 è attualmente oggetto di studio in diversi paesi del mondo, Italia compresa. Questo tipo di trattamento non è da considerarsi al momento ancora consolidato perché non sono ancora disponibili evidenze scientifiche robuste sulla sua efficacia e sicurezza, che potranno essere fornite dai risultati dei protocolli sperimentali in corso". Lo scrive il ministero della Salute sul portale 'Donailsangue', dedicato ai donatori. "Il plasma da convalescenti è già stato utilizzato in passato per trattare diverse malattie - spiega la Faq sul sito, gestito dal Centro Nazionale Sangue - e, in tempi più recenti, è stato usato, con risultati incoraggianti, durante le pandemie di SARS ed Ebola". La terapia con plasma da convalescenti, spiega il sito, prevede il prelievo del plasma da persone guarite dal Covid-19 e la sua successiva somministrazione (dopo una serie di test di laboratorio, anche per quantizzare i livelli di anticorpi "neutralizzanti", e procedure volte a garantirne il più elevato livello di sicurezza per il ricevente) a pazienti affetti da Covid-19 come mezzo per trasferire questi anticorpi anti-SARS-Cov-2, sviluppati dai pazienti guariti, a quelli con infezione in atto.
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mercoledì 6 maggio 2020

È stato trovato un anticorpo da usare come terapia contro il coronavirus

È un anticorpo neutralizzante, non un vaccino, e potrebbe essere usato per quella che si chiama immunoterapia passiva. "Il coronavirus sembra comunque ridurre la sua potenza virologica e dare delle sindromi meno gravi" dice Francesco Le Foche, immunologo clinico


Non è ancora certo che il coronavirus sviluppi anticorpi di protezione, se, cioè chi si è ammalato sia protetto contro la possibilità di ammalarsi di nuovo, ma gli scienziatio hanno fatto un importante passo avanti nella terapia per il Covid-19  
"Questo virus ancora non ci dice con certezza se sviluppa anticorpi di protezione o meno" ha detto Francesco Le Foche, immunologo clinico, intervenendo ai microfoni di Rai Radio2, "Dobbiamo essere molto cauti sull'interpretazione di questi test sierologici. Certo è che ci sono dei progressi importantissimi, come per esempio l'anticorpo chimera, il cui nome tecnico è 47d11, un anticorpo un po' particolare che ci dice essere sicuramente neutralizzante. Questa è una notizia importante. L'università di Utrecht, in Olanda, ha pubblicato su Nature, di aver sviluppato un anticorpo monoclonale. Un anticorpo fatto in laboratorio, che si può riprodurre continuativamente".

martedì 5 maggio 2020

Coronavirus, i rischi della cura al plasma secondo Ilaria Capua

La virologa: "Si tratta di un metodo antichissimo, una pratica medica in larghissima parte abbandonata"

“La sperimentazione su plasma è un metodo antichissimo, usato quando non c’erano gli antibiotici e i farmaci. Si usa ancora per la rabbia, dopo il morso di un cane a una persona non vaccinata. Ma non esistono malattie a livello globale che si curano con il siero. Perché il siero, o plasma, consiste in porzioni di sangue di una persona che è guarita, quindi è un po’ come una trasfusione. Si tratta di una pratica che ha dei rischi“. Così la virologa Ilaria Capua, ai microfoni di Caterpillar su Rai Radio 2.
“Quindi – ha aggiunto l’esperta – bene la sperimentazione, certo andrebbe utilizzata nei casi in cui si è tentato però tutto il resto perché è una pratica medica che è stata in larghissima parte abbandonata“.
Ilaria Capua è poi tornata sul paragone tra coronavirus e virus influenzale. “Il coronavirus starà con noi per molto tempo e, a dispetto di tutti quelli che mi ricoprono di parolacce, vorrei dire che io lo tratterei come un virus influenzale. Benché diverso, ha caratteristiche simili. Non è come ebola, non ha un’aggressività di fondo tale da provocare una ecatombe: è un virus che provoca un quadro sintomatologico grave in alcune categorie di persone”.
Secondo la virologa, infatti, “ora molte persone si vogliono vaccinare, perché sia il coronavirus sia l’influenza possono essere pericolosi. Madre natura ci ha dato un virus nuovo e dobbiamo imparare a conviverci“.

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