Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi dell’Università Tecnica di Monaco ha dimostrato che a elevate concentrazioni di pollini nell’aria segue un aumento dei contagi da coronavirus SARS-CoV-2. I granuli pollinici sono infatti in grado di interferire con l’efficacia del sistema immunitario, anche nei soggetti non allergici. Ecco i consigli degli esperti.
Il polline disperso nell'aria può aumentare il rischio di contagio da coronavirus SARS-CoV-2, anche se non si soffre di allergia ai granuli rilasciati dalle piante spermatofite. I tassi di infezione, infatti, aumentano in modo significativo quando circolano elevate concentrazioni di polline nell'ambiente. Tra gli altri fattori in grado influenzare la curva dei casi di COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno pandemico, figurano anche l'umidità e la temperatura; i pollini, spesso in sinergia con questi fattori ambientali, hanno un impatto sulla variabilità dei tassi di infezione fino al 44 percento.
A dimostrare che i pollini dispersi nell'aria possono aumentare il rischio di contagio è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati tedeschi dell'Università Tecnica di Monaco, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Facoltà di Medicina dell'Università di Augusta; dell'Istituto meteorologico finlandese di Helsinki; della Scuola di Sanità Pubblica “Mailman” dell'Università Columbia di New York; del Dipartimento di Botanica e Fisiologia Vegetale dell'Università di Malaga e di altri centri sparsi per il mondo. I ricercatori, riuniti sotto l'egida del “COVID-19/POLLEN study group” e coordinati dalla professoressa Claudia Traidl-Hoffmann del Dipartimento di Medicina Ambientale, hanno deciso di indagare sulla relazione tra SARS-CoV-2 e polline sulla base dei risultati di una precedente ricerca – Pollen exposure weakens innate defense against respiratory viruses – nella quale era stato dimostrato che i granuli pollinici possono interferire con l'efficacia del nostro sistema immunitario.
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