Il professor Massimo Clementi, virologo del San Raffaele di Milano, fa il punto sull'ultima variante del coronavirus Sars-CoV-2 individuata in Italia
La variante indiana del Covid? “Non è nuova e non ha nulla di nuovo: è una variante piuttosto datata, che è stata individuata per la prima volta in India nell’ottobre del 2020 e poi si è diffusa soprattutto in quel Paese”, spiega a Gazzetta Active il professor Massimo Clementi, Ordinario di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
VARIANTE INDIANA DEL COVID: CHE COSA CAMBIA? —
A cambiare rispetto alle altre varianti, spiega il professor Clementi, c’è poco: “Include due mutazioni della proteina Spike, mutazioni che sono già state individuate in altre due varianti sequenziate nel mondo. Ma di fatto non ci sono grandi novità. Qualcuno ha ipotizzato che la copresenza di queste due mutazioni, che già attribuivano una capacità replicativa alle rispettive varianti, potesse aumentare la capacità replicativa di questa nuova variante indiana e conferirle una particolare capacità di sfuggire agli anticorpi generati dalle vaccinazioni. Ma quest’ultimo aspetto non è stato ancora provato e ad oggi si ritiene che non sia così. E comunque va ricordato che se continuano ad emergere nuove varianti non è perché prima non esistessero, ma perché adesso ci siamo messi a rincorrerle”, sottolinea Clementi.
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