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Si stima che il 90 per cento degli uccelli marini abbia ingerito plastica |
Una quantità sempre maggiore di plastica sta finendo
nei nostri piatti. Non ce ne accorgiamo perché si tratta di particelle
piccolissime, di dimensione comprese tra 1 nanometro e 5 millimetri,
denominate “micro o nano-plastiche” e i cui effetti sulla salute umana
adesso non sono quantificabili. Derivano da rifiuti e , attraverso
diversi percorsi entrano nella catena alimentare arrivando fino al cibo.
L’habitat privilegiato di questi minuscoli frammenti sono gli oceani,
dove isole di detriti di plastica, alcuni grandi come la Francia,
galleggiano in sospensione (leggi
approfondimento sugli uccelli marini).
Queste particelle si trovano lì per svariate cause:
gettati in mare come spazzatura o trasportati attraverso fogne o corsi
d’acqua dove convergono scarichi privati e industriali inquinati. Una
volta nel mare, i detriti degradano lentamente, soprattutto se esposti
alla luce solare, creando miliardi di pezzi microscopici che i pesci e
altri abitanti dell’ecosistema scambiano per cibo.
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Le micro-plastiche hanno contaminato oltre ai pesci anche birra, miele e sale da cucina |
Recenti studi hanno
dimostrato l’ampia portata del fenomeno. Su 504 pesci prelevati dal
Canale della Manica, 184 contenevano piccoli granelli di
microplastiche. Altre
ricerche
su pesci pescati al largo della costa portoghese hanno rilevato che 17
su 26 specie avevano residui nel corpo. Fortunatamente non tutti i
pezzettini ingoiati dai pesci arrivano sulle nostre tavole. In alcuni
casi ristagnano nel tratto gastrointestinale , per cui sono eliminati
quando il pesce viene eviscerato prima di essere consumato (vedi
articolo).
Nel caso di piccoli pesci e dei molluschi, i tratti intestinali non
vengono rimossi e le particelle alla fine finiscono così nello stomaco.
Un esempio di inquinamento da microplastiche trattato in recenti
studi, riguarda le “micro-perle” di dimensione inferiore ai 5
millimetri, utilizzate in prodotti cosmetici (gel doccia e trattamenti
viso) che veicolate dagli scarichi domestici possono contaminare la
fauna. Un’inchiesta condotta dal governo britannico stima che un piatto
di ostriche può contenere fino a 50 unità.
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