Parigi - Vuole essere la più grande ricerca mondiale sulle abitudini alimentari, con l’obiettivo di ottenere 500 mila risposte. Ma già il bilancio delle prime 37 mila risposte offre risultati assai interessanti. E’ NutriNet, uno studio lanciato in Francia e che raccoglie risposte in tutto il mondo, sottolineando in questa prima fase un’evidente differenza di preferenze alimentari tra uomini e donne.
L’obiettivo di base è capire quali siano i meccanismi che ci portano a
preferire alimenti come le patatine fritte, il formaggio o il burro di
arachidi o il cioccolato o i dolci in genere?
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giovedì 2 ottobre 2014
mercoledì 1 ottobre 2014
Otto grassi sani per dimagrire e star bene: quali sono e loro virtù
Non c'è dieta senza grassi, basta saper scegliere quelli giusti. Dall'olio di lino agli acidi grassi essenziali, scopri le loro proprietà
Comunemente si crede che i grassi siano la causa principale del
sovrappeso. Se questo è in parte vero, ogni buona dieta riduce
l'assunzione di condimenti, bisogna tener presente che esistono grassi sani che aiutano a dimagrire e soprattutto sono indispensabile per il benessere di corpo e mente.
Questi grassi appartengono alla categoria degli acidi grassi essenziali e sono contenuti soprattutto in oli vegetali. E' stato scientificamente dimostrato che tali sostanze sono fondamentali per lo sviluppo del cervello e per la conservazione dell'organismo, preservandolo da invecchiamento e malattie cardiovascolari come infarto e ictus.
Oltre ad essere dei toccasana, hanno anche proprietà che stimolano la sensazione di sazietà. Perciò, abbinati a una dieta corretta, vegetariana e povera di carboidrati, permettono di dimagrire con efficacia.
Ecco le caratteristiche principali e i benefici degli 8 grassi sani, da non trascurare nella nostra alimentazione.
Acidi grassi essenziali Omega 3
Sono contenuti in numerosi oli vegetali come olio di lino, di ribes, di
colza, semi di canapa, lecitina di soia. Sono importanti per lo sviluppo
del cervello e delle facoltà cognitive. Prevengono la demenza e la
depressione. Hanno proprietà benefiche sul cuore e sugli occhi
Acido pinoleico
E' estratto da un olio di pinoli di uno specifico albero di pino
coreano, ed è particolarmente ricco di acidi grassi a catena lunga. E'
stato dimostrato che favoriscono una sensazione di pienezza con
conseguente diminuzione dell'appetito. Peciò sono importanti nelle diete
dimagranti
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venerdì 26 settembre 2014
Dopo la menopausa: mangiare banane allontana l'ictus
Il contenuto in potassio protegge le donne con pressione alta dall'ictus ischemico
Mangiare banane quando la menopausa è finita riduce il rischio di ictus fino al 27%. È quanto dimostra uno studio dei ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine di New York. Il merito si deve dal potassio, un minerale prezioso per controllare la pressione sanguigna ed evitare l'infarto cerebrale. Consumare cibi ricchi di potassio, dicono gli studiosi la cui ricerca è pubblicata sulla rivista dell'American Heart Association, riduce di un quarto il rischio di infarto cerebrale
Un aiuto dalle bananeI ricercatori hanno studiato la cartella clinica di oltre 90mila donne di età compresa tra 50 e 79 anni per circa 11 anni. Nella maggior parte dei casi si è individuato un consumo insufficiente di potassio. Le raccomandazioni dell'Oms indicano, infatti, in 3,510 mg il fabbisogno giornaliero di potassio, ma solo il 16% delle donne esaminate raggiungeva questa quota. Eppure, studianto i casi di ictus nell'ampio campione della ricerca è emerso che le donne che mangiavano alimenti (e non integratori) con potassio avevano il 12% di probabilità in meno di andare incontro ad un ictus e il 16% di ictus ischemico, con la sofferenza del cervello che non riceve sangue a sufficienza per restare ossigenato. E ancora, tra le donne con la pressione alta, quelle che mangiavano alimenti con più potassio avevano un rischio ridotto del 27% di ictus ischemico e del 21% per tutti i tipi di ictus.
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martedì 23 settembre 2014
Una proteina per sconfiggere le metastasi
Sviluppata da un gruppo di ricercatori di Stanford, la proteina ha
dimostrato di poter neutralizzare nei topi il meccanismo molecolare che
porta alla formazione delle metastasi. Potrebbe aprire le porte ad un
nuovo tipo di terapie
Una delle caratteristiche più letali del cancro sono le metastasi: cellule che si staccano dal sito originario della neoplasia e invadono l’organismo, provocando la comparsa di nuove masse tumorali. Oggi l’unica possibilità per i medici è di cercare di rallentarne la diffusione attraverso la chemioterapia, un tipo di trattamento che presenta però pesanti effetti collaterali, e che purtroppo non risulta particolarmente efficace in caso di tumori in stato ormai avanzato. Per superare queste difficoltà, un team di ricercatori di Stanford ha ideato un nuovo tipo di terapia: una proteina bioingegnerizzata che non distrugge le cellule del tumore, ma blocca i meccanismi molecolari che danno il via alla diffusione delle metastasi. I primi risultati, pubblicati su Nature Chemical Biology, sembrerebbero dimostrare che negli animali il trattamento risulta efficace su due dei più comuni tumori femminili: quello al seno e quello dell’ovaio.
Il punto di partenza per la nuova ricerca è stata la scoperta di due proteine coinvolte nella diffusione delle metastasi: Axl, una molecola che si trova sulla superficie delle cellule tumorali, e Gas6, proteina che legandosi con la prima trasmette il segnale che induce la formazione delle metastasi. L’idea dei ricercatori di Stanford è stata quella di sviluppare una terza proteina che funziona come un’esca, legandosi con Gas6 e neutralizzandola prima che raggiunga il tumore.
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Una delle caratteristiche più letali del cancro sono le metastasi: cellule che si staccano dal sito originario della neoplasia e invadono l’organismo, provocando la comparsa di nuove masse tumorali. Oggi l’unica possibilità per i medici è di cercare di rallentarne la diffusione attraverso la chemioterapia, un tipo di trattamento che presenta però pesanti effetti collaterali, e che purtroppo non risulta particolarmente efficace in caso di tumori in stato ormai avanzato. Per superare queste difficoltà, un team di ricercatori di Stanford ha ideato un nuovo tipo di terapia: una proteina bioingegnerizzata che non distrugge le cellule del tumore, ma blocca i meccanismi molecolari che danno il via alla diffusione delle metastasi. I primi risultati, pubblicati su Nature Chemical Biology, sembrerebbero dimostrare che negli animali il trattamento risulta efficace su due dei più comuni tumori femminili: quello al seno e quello dell’ovaio.
Il punto di partenza per la nuova ricerca è stata la scoperta di due proteine coinvolte nella diffusione delle metastasi: Axl, una molecola che si trova sulla superficie delle cellule tumorali, e Gas6, proteina che legandosi con la prima trasmette il segnale che induce la formazione delle metastasi. L’idea dei ricercatori di Stanford è stata quella di sviluppare una terza proteina che funziona come un’esca, legandosi con Gas6 e neutralizzandola prima che raggiunga il tumore.
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sabato 20 settembre 2014
Declino cognitivo: c’è una relazione con la vitamina D
La carenza di vitamina D potrebbe portare al declino cognitivo o
demenza. Molti sono gli studi che portano a questa conclusione: ecco
l’ultimo
Esiste una correlazione tra declino cognitivo (o la demenza) e i
livelli di vitamina D. A suggerirlo è uno studio condotto dal Wake
Forest Baptist Medical Center e pubblicato recentemente sul Journal of the American Geriatrics.
Noi siamo abituati a considerarla una vera e propria vitamina, ma la “D” è un gruppo di pro-ormoni a cui appartengono le D1, D2, D3, D4 e D5. Una volta assimilata dal corpo, infatti, agisce come un vero e proprio ormone in grado di dar vita a una serie di reazione chimiche.
Le persone anziane o con problemi stanno sempre meno ore all’aperto e al Sole. Invece, per garantire i giusti livelli di vitamina D nel sangue, bisognerebbe farne una bella scorta in estate. In questa stagione l’intensità della radiazione è così forte da garantire praticamente il corretto apporto per tutto l’inverno.
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lm&sdp
Noi siamo abituati a considerarla una vera e propria vitamina, ma la “D” è un gruppo di pro-ormoni a cui appartengono le D1, D2, D3, D4 e D5. Una volta assimilata dal corpo, infatti, agisce come un vero e proprio ormone in grado di dar vita a una serie di reazione chimiche.
Le persone anziane o con problemi stanno sempre meno ore all’aperto e al Sole. Invece, per garantire i giusti livelli di vitamina D nel sangue, bisognerebbe farne una bella scorta in estate. In questa stagione l’intensità della radiazione è così forte da garantire praticamente il corretto apporto per tutto l’inverno.
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venerdì 19 settembre 2014
Alzheimer, i sette consigli che preservano la nostra memoria
Il 21 settembre la giornata mondiale dell'Alzheimer.
I temi sono l’impegno della ricerca sui test di diagnosi precoce e
predittivi per valutare l’efficacia delle cure ma anche della
prevenzione. Che appare più possibile di MARIAPAOLA SALMI
NEL mondo 44
milioni di persone sono ammalate di Alzheimer, cifre che dovrebbero
raddoppiare nel 2030 secondo le previsioni del Global Report 2014. Il
71% dei pazienti vivrà in paesi a basso e medio reddito. Predire il
rischio di ammalarsi si può. La ricerca ha reso disponibili numerosi
test, non ultimi quello degli odori, perché a quanto pare deficit
olfattivi sono i primi segnali del morbo; il test che spia la presenza
nella retina di sostanza amiloide, fino al prelievo di liquido spinale
per ricercare gli AB oligomeri, particelle amiloidee precipitate. Il
goal di ricercatori e clinici però è riuscire a capire se e come sia
possibile prevenire la malattia o quanto meno rallentarne la
progressione. Non a caso quest'anno l'ADI, Alzheimer's Disease
International, per celebrare la XXI Giornata mondiale Alzheimer 2014,
che cade il 21 settembre, ha puntato il dito sulla prevenzione con
l'interlocutorio messaggio "Can we reduce the risk?" (possiamo ridurre
il rischio?).
Fattori ambientali. La
demenza di Alzheimer è in parte di origine genetica e in parte dovuta a
fattori ambientali. Stando ad uno studio dell'università di Cambridge,
pubblicato di recente su Lancet, questa demenza sarebbe prevenibile
agendo su sette principali fattori di rischio: diabete, ipertensione,
obesità, sedentarietà, depressione, fumo, scarsa attività intellettuale.
Gli specialisti concordano su un punto: l'importanza dei diversi
fattori legati allo stile di vita che è possibile modificare per ridurre
il rischio. Agendo su di essi si potrebbero evitare nel giro di pochi
anni circa 9 milioni di casi e d'altra parte è noto come un caso di
demenza su tre sia riconducibile a cattive abitudini e a stili di vita
scorretti. Ruolo dell'alimentazione e dell'attività fisico-mentale sono
oggetto negli ultimi anni di innumerevoli studi e ricerche, al punto che
un team di esperti internazionali guidati da Neal Barnard della George
Washington School of Medicine, ha elaborato una serie di semplici linee
guida pubblicate su Neurobiology of Aging.
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giovedì 18 settembre 2014
Gli esseri umani sani sono l’abitazione ideale per i virus
Sono almeno cinque i virus che eleggono il corpo umano a condominio in
cui abitare, senza che spesso ce ne rendiamo conto perché non notiamo
alcun sintomo particolare, ma essi sono lì
Cerco casa, e la trovo disponibile, gratis, nel corpo umano. Questa potrebbe essere l’idea di almeno cinque tipi di virus che sono stati trovati albergare nel nostro corpo, spesso senza che ce ne rendiamo conto. Difatti, anche se ospitiamo nostro malgrado questi virus potremmo non mostrare alcun sintomo rivelatore.
Di virus poi in questo periodo se ne parla più del solito. Le cronache sull’epidemia di Ebola e l’imminente arrivo del virus influenzale sono all’ordine del giorno. Tuttavia i tipi virus sono numerosi, e causano altrettante diverse infezioni. Questi stessi virus che ci fanno ammalare possono prendere dimora nel nostro corpo a nostra insaputa, fanno notare i ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis, che hanno condotto uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su BioMed Central Biology.
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Di virus poi in questo periodo se ne parla più del solito. Le cronache sull’epidemia di Ebola e l’imminente arrivo del virus influenzale sono all’ordine del giorno. Tuttavia i tipi virus sono numerosi, e causano altrettante diverse infezioni. Questi stessi virus che ci fanno ammalare possono prendere dimora nel nostro corpo a nostra insaputa, fanno notare i ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis, che hanno condotto uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su BioMed Central Biology.
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