sabato 4 aprile 2020

Coronavirus, Capua: non sparirà in estate. Primo gatto contagiato apre nuovo fronte infezioni tra animali. Iss: isolarli dai padroni positivi

Ci sono «zero possibilità» che il Coronavirus scompaia con l'estate e con i primi contagi sui gatti si apre un nuovo fronte: quello della gestione delle infezioni tra gli animali da cui tra l'altro tutto è partito. Lo ha detto la virologa Ilaria Capua che dirige l'One Health Center of Excellence all'Università della Florida prima che arrivasse anche la raccomandazione dell'Iss di isolare gli animali domestici a contatto con padroni affetti da COVID-19 perché «sono suscettibili a SARS-CoV-2». 


Capua, in riferimento al virus della Sars, ha ribadito nel corso di una diretta Instagram con il sindaco di Firenze Dario Nardella che in quel caso «è scomparso con l'estate ma non per il caldo. La Sars è stata fermata da un contenimento, non dal caldo». Tra i problemi che hanno portato alla diffusione del Coronavirus anche la globalizzazione, la possibilità di spostarsi rapidamente da una parte all'altra del mondo: «La pandemia spagnola - ha spiegato - ci ha messo due anni a fare il giro del mondo perché è 'andatà a piedi, con le navi». Il Coronavirus, ha aggiunto, «non è un virus super resistente, anzi è fragile, ma si trasmette con grande facilità». «Questo è un fenomeno di portata epocale. Siamo di fronte ad una emergenza sanitaria, ma non è un tunnel senza fine. Ne usciremo» anche se «saremo tutti diversi», ha aggiunto.

Il nodo condizionatori
«Non possiamo escludere il propagarsi del coronavirus dai condizionatori. La Sars 1, nel 2002, si è propagata dai sistemi di aerazione e riscaldamento di un hotel. Non possiamo escludere origine e durata perché conosciamo questo virus solo da quattro mesi, Sappiamo però che i virus sono abbastanza delicati, non sopravvivono a temperature estreme. Il caldo potrebbe seccare lo starnuto e diciamo che quello che cade in terra non potrebbe infettare. Sulla trasmissione area direi, per semplificare, che da qui alla cucina anche no», ha detto la Capua in collegamento dagli Usa su Radio Rai 2, a Caterpillar.


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giovedì 2 aprile 2020

Coronavirus, il 37% dei tamponi dà falso negativo. Bassetti: "Test utile ma non perfetto"

Lo studio scientifico cinese commentato dall'infettivologo del San Martino



GENOVA - Il 37% dei test tampone nasali effettuati per rilevare il Coronavirus nelle persone dà un falso negativo. Questo è il risultato di uno studio effettuato in Cina il Paese dove per primo si è sviluppato il virus e allargato a macchia d’olio.

Il direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova Matteo Bassetti su Facebook riposta lo studio e commenta: "Il tampone come ho detto più volte è un test utile, ma non perfetto. Secondo un articolo scientifico condotto in Cina quello nasale è positivo nel 63% dei casi certi di Covid19 ovvero assistiamo al 37% di falsi negativi. Troppa gente senza competenze mediche e scientifiche parla senza sapere. In Veneto volevano fare il tampone a tutta la popolazione pensando fosse il test perfetto, anche per gli asintomatici. Geniali..." conclude il direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova.

Insomma il dibattito sull’utililtà di fare tamponi su larga scala per individuare i positivi resta d’attualità ma il mondo medico-scientifico continua a spiegare che il test che oggi può dare esito negativo il giorno dopo può invece far risultare la persona positiva pur lo stesso individuo avendo già il virus in incubazione. In Italia fino a questo momento sono stati effettuati oltre 540 mila tamponi, Veneto e Lombardia le regioni dove si sono fatti più test. In Liguria così come annunciato dalla Regione negli ultimi giorni è cresciuto il numero di tamponi giornalieri arrivando nella giornata del 1 aprile quasi a mille in 24 ore e oltre 11mila da inizio emergenza. In Liguria come nella maggior parte delle regioni italiane i test specifici vengono effettuati sulle persone sintomatiche che presentano dunque segnali clinici riconducibili al virus o che sono state a contatto con persone risultate positive.
E allora l'Istituto superiore di sanità (Iss) cerca una via alternativa e sul tavolo mette la possibilità di portare avanti un'indagine a larga scala sulla popolazione utilizzando test rapidi sierologici, che indichino cioè chi ha sviluppato anticorpi al nuovo coronavirus.


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Coronavirus, verso un milione di casi nel mondo

Negli Usa 884 morti in 24 ore, è un record, salta la conferenza sul clima


I casi di coronavirus nel mondo si avviano velecemente verso la soglia del milione di unità: secondo l'ultimo bollettino della Johns Hopkins University i contagi registrati finora a livello globale sono infatti 937.091, mentre il totale dei decessi ha raggiunto quota 47.231 e le persone guarite sono 193.764. 
Intanto gli Usa registrano 884 morti in 24 ore, un nuovo record giornaliero. Complessivamente il numero dei morti nel Paese è di 5.119, mentre i casi sono 216.515. Lo stato di New York è quello più colpito, seguito dal New jersey e dalla California, anche se nuovi focolai si hanno in Lousiana e in Michigan. A New York per la prima volta muore un bambino. Le autorità non hanno rilevato la sua età, tuttavia hanno riferito che aveva delle patologie preesistenti. Inoltre, un bimbo di sei settimane è morto in Connecticut. Trump avverte: i prossimi giorni saranno "orribili". 

Coronavirus molto contagioso anche con sintomi lievi

Nature, si replica facilmente anche in alte vie respiratorie


(ANSA) - ROMA, 1 APR - Il coronavirus può essere trasmesso in modo efficiente anche da parte di chi ha sintomi lievi perché riesce a moltiplicarsi con facilità anche nelle alte vie respiratorie. Lo indica la ricerca pubblicata sulla rivista Nature e condotta in Germania, dal gruppo dell'Università Charité di Berlino diretto dal virologo Christian Drosten.
    La ricerca si basa sull'analisi di nove pazienti di Monaco, fra giovani adulti e persone di mezza età, con sintomi lievi dell'infezione da coronavirus SarsCoV2 e "indica che c'è un'attiva replicazione del virus nel tratto respiratorio superiore", tale che "i pazienti sono in grado di diffondere il virus ad alti livelli durante le prime settimane della comparsa dei sintomi". Tutti e nove i pazienti erano ricoverati nello stesso ospedale di Monaco per Covid-19.L'analisi di tutti i campioni di muco, espettorato, sangue, urina e feci indica che ci sono "alti livelli di replicazione virale nei tessuti del tratto respiratorio superiore" e "alti livelli di diffusione virale nel tratto respiratorio superiore durante la prima settimana di sintomi".
    Si è inoltre dimostrato che è possibile isolare il virus dai campioni prelevati da gola e polmoni dei pazienti fino all'ottavo giorno di sintomi e mentre i sintomi si andavano riducendo. Due pazienti con primi segni di polmonite hanno continuato a rilasciare alti livelli di virus nell'espettorato fino a 10 e 11 giorni dalla comparsa. E' emerso inoltre che il materiale genetico del nuovo coronavirus, ossia il suo Rna, "è rimasto rilevabile nell'espettorato dopo la fine dei sintomi".

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domenica 29 marzo 2020

Coronavirus: il picco dei contagi tra una settimana?

Il picco dei contagi da Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19 potrebbe arrivare tra una settimana. Dopo le attese vane della seconda metà di marzo ora si punta ad aprile. Spiega oggi il Corriere della Sera che il punto si raggiunge quando l’incremento del numero di positivi (nuovi casi) rispetto al giorno precedente avrà toccato il suo massimo e dal giorno dopo dovrà iniziare a decrescere fino ad azzerarsi. Prima che i casi comincino a calare ci sarà una fase di aumenti quotidiani più contenuti (come quella che stiamo registrando attualmente) che potrebbe durare alcuni giorni: i numeri possono essere anche altalenanti per un certo periodo, perciò la data del picco si definisce con certezza solo a posteriori.

Capire a che punto siamo rispetto alla data di arrivo del picco non è facile, anche perché potremmo avere una risalita dovuta a nuovi focolai sfuggiti alla mappatura o a un meno stringente rispetto delle misure, ma in ogni caso ci sarà un giorno in cui la crescita si fermerà. Al momento il dato positivo è che siamo di fronte ad alcuni giorni in successione di numeri (tutto sommato) contenuti. Si può quindi azzardare una previsione: «Quello che abbiamo fatto con le restrizioni è “flettere la curva”, cioè abbiamo fatto diventare la montagna una collina. Nei prossimi giorni ci dobbiamo aspettare un plateau, un “altopiano” — spiega Pregliasco—. Attenzione, però, i nuovi casi per un po’ potrebbero anche non abbassarsi. Sarà dovuto al campionamento: quando i soggetti infetti sono meno, li si riesce a tracciare tutti».

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Mascherine, il 98% dei prototipi non passa il test (e non protegge dal Coronavirus)




sabato 28 marzo 2020

Troppo sale a tavola mette ko le difese immunitarie

Riduce la capacità di contrastare le infezioni batteriche


Troppo sale a tavola riduce le difese immunitarie e, quindi, la possibilità di contrastare le infezioni batteriche. È la scoperta senza precedenti resa nota sulla rivista Science Translational Medicine, che si deve a un gruppo di scienziati tedeschi del policlinico universitario di Bonn.
Gli esperti hanno scoperto che bastano 6 grammi di sale in più al dì (pari al sale contenuto in due hamburger più due porzioni di patatine fritte) per mandare in tilt una parte fondamentale del sistema immunitario, i 'granulociti', cellule spazzine adibite a ripulire l'organismo da batteri patogeni.
"Sappiamo che troppo sale è pericoloso per il sistema cardiovascolare e aumenta la pressione del sangue - ha detto l'autore Christian Kurts - il nostro studio aggiunge anche un altro valido motivo per limitare i consumi di sale". L'Organizzazione Mondiale della Salute raccomanda di non eccedere nei consumi di sale oltre i 5 grammi al dì (pari a un cucchiaino da tè raso) ma nei paesi occidentali se ne consuma in media di più.
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Coronavirus, superati i 10mila morti. I guariti sono oltre 12mila


Coronavirus, Locatelli (Css): il virus non è nato in laboratorio


Coronavirus, carenza di vitamina D aumenta il rischio? Lo studio italiano

La Vitamina D potrebbe avere un ruolo importante nella battaglia contro il coronavirus. Lo rivela uno studio condotto dall'Università di Torino. Una corretta assunzione di tale vitamina, di cui un'elevata percentuale della popolazione italiana è carente, potrebbe essere fondamentale sia da un punto di vista preventivo che terapeutico. Lo studio è stato condotto dal prof. Giancarlo Isaia (docente di Geriatria e Presidente dell'Accademia di Medicina di Torino) e dal prof. Enzo Medico (ordinario di Istologia) e suggerisce di affiancare alle misure di prevenzione di ordine generale, adeguati livelli di Vitamina D in tutta la popolazione. Crediti foto@Shutterstock

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Negli alimenti: troviamo questa sostanza in alcuni pesci (per esempio salmone, aringa e sgombro), burro, uova, fegato e alcuni tipi di formaggi grassi.


Leggi anche: >> COME FARE IL PIENO DI VITAMINA D E RAFFORZARE DAVVERO IL SISTEMA IMMUNITARIO



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Studio Medico Orlandini


Frutta secca amica della vista: uno studio svela quale protegge gli occhi

Tra i benefici della frutta secca c'è anche quello di proteggere la retina. I risultati di uno studio. Frutta secca che passione. Da qua...