martedì 8 dicembre 2020

Coronavirus, umidità e ventilazione fattori chiave per ridurre il rischio di trasmissione in ambienti chiusi

Ormai lo sappiamo bene: Sars-Cov-2 si può trasmettere tramite le famigerate droplet, le goccioline respiratorie che tutti noi emettiamo starnutendo, tossendo, ma anche parlando. Sappiamo anche che il coronavirus si trasmette meglio in ambienti chiusi e mal ventilati. Ma mantenere la giusta percentuale di umidità e un adeguato ricambio d’aria aiuta a ridurre il rischio di contagio al chiuso.

La conferma arriva da uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr, insieme al tedesco Leibniz Institute for Tropospheric Research, allo CSIR-National Physical Laboratory indiano e allo statunitense 2B Technologies. I risultati sono stati pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.

Una persona infetta – spiega Francesca Costabile, ricercatrice del Cnr-Isac e autrice dello studio – attraverso la respirazione, la vocalizzazione, la tosse, gli starnuti, può emettere un aerosol contenente potenzialmente il Sars-CoV-2. Le particelle di tali aerosol variano notevolmente in dimensioni, da meno di mille nanometri, il diametro delle polveri sottili, a valori superiori ai 5 mila nanometri, dimensione delle tipiche droplets respiratorie. La relazione fra dose inalata e infettività per il Sars-CoV-2 dipende fortemente dalle dimensioni”.

Le evidenze scientifiche che si sono accumulate nel corso dei mesi passati dalla comparsa del coronavirus hanno già messo in luce l’esistenza di un rischio di trasmissione aerea in particolari ambienti chiusi. A partire da queste conoscenze, i ricercatori hanno sviluppato delle semplici linee guida pensate per ospedali e case di cura, ma che possono essere applicate anche ad altri ambienti chiusi con caratteristiche simili.

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Flavonoidi a colazione: tè verde e caffè per la pressione e la prevenzione delle patologie cardiovascolari

Una dieta che preveda frutta (soprattutto alcuni tipi) e tè verde può realmente incidere sull’ipertensione e quindi sulle malattie cardiovascolari, e in generale aiutare a tenere la pressione sanguigna sotto controllo. La notizia non è nuova, ma esce ora confermata da un ramo della famiglia EPIC (il grande studio europeo, suddiviso in diversi segmenti, che da anni sta analizzando i rapporti tra alimentazione e salute) i cui risultati sono appena stati pubblicati su una rivista molto autorevole, Scientific Reports.


Nello studio
 EPIC Norfolk, condotto dai ricercatori della Reading University nell’omonima cittadina inglese, per la prima volta il controllo di ciò che i partecipanti – più di 25.000 persone di tutte le età e condizioni – avevano effettivamente mangiato e bevuto non è avvenuto tramite questionari o prove di acquisto, come è accaduto nella stragrande maggioranza delle rilevazioni analoghe degli ultimi anni, ma attraverso il dosaggio regolare dei metaboliti di alcune sostanze nell’organismo. Uno sforzo immane. I dati ottenuti sono stati poi messi in relazione con lo stato di salute. Il risultato è stato che chi aveva nel proprio organismo le quantità più elevate di flavanoli, una classe di sostanze chimiche naturali antiossidanti molto rappresentate nei frutti di bosco, nelle mele, nel tè verde e anche nel cacao amaro, aveva in media valori di pressione più bassi di 2-4 millimetri di mercurio rispetto a che aveva le concentrazioni più basse delle stesse sostanze. Può sembrare un effetto molto piccolo, ma è in linea con quello che si vede in popolazioni che seguono una dieta mediterranea, o in persone che ne seguono una a basso tenore di sodio proprio per tenere sotto controllo la pressione, quando i loro valori sono messi a confronto con quelli di coetanei che ne seguono una più continentale. In più, l’effetto è risultato più marcato tra coloro che avevano la pressione alta.

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domenica 6 dicembre 2020

Ilaria Capua e la risposta a Matteo Bassetti

 

Una veterinaria può parlare di vaccini e coronavirus? Ilaria Capua, direttrice dell'UF One Health Center, risponde indirettamente al professor Matteo Bassetti, che recentemente si è espresso su un intervento della scienziata. "Ho partecipato a una trasmissione, c'era una veterinaria che parlava di vaccini. Bisogna rimettere ordine nella competenza. Ho grandissimo rispetto per la dottoressa Capua, ma io non parlo di animali perché non parlo di vaccini", le parole di Bassetti la scorsa settimana a L'aria che tira. "Il team che va in Cina per cercare di capire come sia nato il virus è composto quasi esclusivamente da veterinari e il responsabile dello staff è una veterinaria che coordina un centro di sanità pubblica in Olanda. Il veterinario studia il virus prima che diventi pandemico, lavora per prevenire il salto di specie", spiega Capua intervenendo a L'aria di domenica.

Fonte

lunedì 30 novembre 2020

Ema, rischio suicidio collegato a uso idrossiclorochina

Revisione dati, disturbi psichiatrici tra gli effetti collaterali

L'utilizzo di clorochina o idrossiclorochina, farmaci utilizzati contro il Covid-19 soprattutto nella prima fase dell'emergenza, può provocare disturbi psichiatrici e comportamenti associati al suicidio. A mettere in guardia è l'Agenzia Europea dei medicinali (Ema) a seguito di una revisione di tutti i dati disponibili, che conferma un effetto collaterale in parte noto. La revisione, si legge sul portale dell'ente regolatorio, è stata avviata a maggio 2020 dopo che l'Ema "era stata informata dall'agenzia spagnola dei medicinali (Aemps) di 6 casi di disturbi psichiatrici in pazienti Covid a cui erano state somministrate dosi di idrossiclorochina superiori a quelle autorizzate".

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domenica 29 novembre 2020

Negativi al tampone ma positivi al Covid: le Molinette scoprono che l’ecografia smaschera il virus più efficacemente

Studio scientifico su 228 pazienti. Il 20% dei positivi era in realtà dato negativo dal test

Torino - Smascherare il virus al netto dei tamponi, non sempre attendibili: uno studio dell'ospedale Molinette di Torino ha stabilito che anche una semplice ecografia del polmone può diagnosticare il Covid 19 già in pronto soccorso. L’aggiunta dell’ecografia polmonare, eseguita insieme alla visita medica, ha permesso di identificare correttamente casi di polmonite da coronavirus, quasi il 20%, tra quanti erano stati erroneamente catalogati come negativi

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martedì 24 novembre 2020

Da cioccolato ricco di antiossidanti un aiuto per la mente

Bevanda al cacao arricchita di flavonoidi migliora sue capacità

Il cioccolato, soprattutto quello molto fondente, ricco di antiossidanti potrebbe aiutare l'agilità mentale potenziando velocità e accuratezza di esecuzione di test che mettono alla prova appunto le proprie funzioni cognitive. Lo suggerisce uno studio sulla rivista Scientific Reports, basato sull'analisi degli effetti del consumo di una bevanda a base di cacao, arricchita con flavonoidi, antiossidanti naturali presenti anche nel cioccolato nero (quello dal gusto più amaro), ma abbondanti soprattutto in frutta e verdura.

Condotto da esperti della University of Birmingham, lo studio mostra che dopo aver consumato il drink a base di cacao arricchito di flavonoidi, i partecipanti vanno meglio alle prove mentali cui sono stati sottoposti, specie se queste prove sono molto complicate e specie se sperimentalmente i ricercatori riducono la concentrazione di ossigeno nell'ambiente dove sono eseguiti i test cognitivi. Secondo quanto visto con la risonanza magnetica i flavonoidi agiscono migliorando circolazione sanguigna e livelli di ossigenazione del cervello.

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domenica 22 novembre 2020

La biologa a capo del laboratorio dello Spallanzani che non va in tv: «Contro il Coronavirus servirà un vaccino all’anno»

Per la direttrice del laboratorio di virologia dell’Istituto Spallanzani di Roma, la microbiologa Maria Rosaria Capobianchi, il vaccino non sarà la soluzione a tutti i mali e bisognerà evitare il “liberi tutti”, come quello dell’estate, che ha causato il disastro di oggi

Maria Rosaria Capobianchi, 67 anni, è alla guida del laboratorio di virologia dell’Istituto Spallanzani di Roma. Una donna che non si vede mai nei salotti televisivi, che non prende parte agli scontri tra esperti e che, fin dall’inizio della pandemia, ha dato un contributo rilevante alla lotta contro il Covid. Senza peli sulla lingua, in un’intervista al Corriere, spiega che con il virus bisognerà convivere ancora per un po’ e che i vaccini non saranno la soluzione definitiva. C’è ancora molta strada da percorrere.

«Non c’è un’uscita rapida dalla pandemia»

«L’unico virus che finora l’umanità ha completamente debellato è il vaiolo. Qualsiasi prospettiva di un’uscita rapida da questa pandemia, compreso l’arrivo dei vaccini, è un’ipotesi consolatoria», spiega. In Italia, poi, c’è una popolazione «mediamente più anziana» e questo influisce inevitabilmente «sul numero delle vittime» che ogni giorno continua a salire, nonostante gli ultimi Dpcm per contenere il Covid.

«Il virus si approfitta di ogni crepa per infilarsi»

Una soluzione per frenare l’avanzata del virus, in realtà, c’è già ed è quella delle misure di protezione: «Non siamo perfetti e il virus si approfitta di ogni crepa per infilarsi e riprodursi. Certo, se le crepe le allarghiamo da soli come è successo questa estate, si è poi costretti a ricominciare da capo la conta dei contagiati, dei ricoveri e dei morti. Si è costretti a prendere misure di drastica limitazione della vita pubblica che sono l’unico rimedio realisticamente praticabile anche se con un costo sociale altissimo», dice. E la Capobianchi pensa soprattutto alle nuove povertà che sono destinate ad aumentare: «Chi non ha soldi, non mangia come si deve, non si può curare bene, diventa più fragile e quindi anche più esposto alle malattie».

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Coronavirus, 28.337 contagi ma con quasi 50mila tamponi in meno. Le vittime sono 562, si riduce la pressione sulla Lombardia (+5094 positivi)


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