Un fisioterapista ha avuto un'ottima idea per risolvere il fastidioso disturbo che colpisce tanti di noi.
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lunedì 27 novembre 2017
domenica 26 novembre 2017
Gelatina animale: il lato amaro delle caramelle gommose
Allegre, colorate e dolcissime le caramelle gommose fanno la gioia di grandi e piccini, ma dietro la loro produzione si celano lati più amari che fanno indignare vegetariani e animalisti. A svelare come vengono prodotte le gelatine vendute dagli ambulanti, nei negozi di dolciumi e nei supermercati di tutto il mondo è stata la regista Alina Kneepkens in un documentario trasmesso dalla trasmissione televisiva “Over Eten (On Food)” in onda sulla rete pubblica VRT in Belgio.
Il programma tv si occupa di cibo a 360 gradi con l’obiettivo di istruire il pubblico sulla filiera alimentare e spingere i consumatori ad adottare un’alimentazione più sostenibile e consapevole.
Il video intitolato “Gelatine” svela come viene estratta la gelatina di origine animale utilizzata per produrre le caramelle gommose. La regista conduce gli spettatori in un viaggio a ritroso: dalle caramelle colorate e golose ai maiali d’allevamento.
I bene informati sapranno già che la gelatina è una proteina derivata dal collagene, una sostanza presente nei tendini, nei legamenti e nei tessuti dei mammiferi. Per produrla si fanno bollire i tessuti connettivi, le ossa e le pelli degli animali, perlopiù mucche e maiali. Le fabbriche si trovano nei pressi dei mattatoi per poter reperire facilmente e a basso costo le materie prime necessarie.
Per estrarre i minerali e i batteri dalle parti animali vengono impiegate soluzioni acide e alcaline come il carbonato di sodio o l’ossido di calcio. Successivamente i tessuti vengono fatti bollire in acqua distillata e vengono addizionati con coloranti, dolcificanti e aromi liquidi o in polvere.
La gelatina non viene utilizzata solo per produrre le caramelle, ma anche in campo farmaceutico, fotografico e nella fabbricazione della carta. La sua versatilità si deve alla capacità di formare film forti, trasparenti e solidi facilmente digeribili e solubili in acqua calda.
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sabato 25 novembre 2017
La regola del tre e via libera a pasta, cioccolato e cibi rossi: così si salva il cuore
Camminare tre volte a
settimana per tre chilometri in 33 minuti allunga la vita e abbatte il
rischio di morte improvvisa. E i cibi hanno la loro importanza per i
cardiologi riuniti a Roma per il congresso internazionale Place
di ANNA RITA CILLISL'HANNO ribattezzata la regola del tre e per i cardiologi internazionali arrivati a Roma per partecipare al congresso Place, allunga la vita e previene la morte improvvisa. La domanda di fondo dalla quale erano partiti era se lo sport facesse bene, con quale frequenza e che tipo di attività potesse servire per avere un cuore in salute. Per questo, dopo studi e approfondimenti, hanno lanciato la regola del tre: camminare a passo sostenuto almeno tre volte alla settimana, percorrere almeno tre chilometri e riuscire a farlo in trentatré minuti. Eccola la soluzione. Il tutto facendolo regolarmente fino a tarda età per ottenere benefici dal punto di vista respiratorio, cardiologico, ortopedico e, non ultimo, psicologico.
Insomma una ipoteca sulla longevità che guarda anche a prevenire il rischio della morte improvvisa provocata da anomalie del sistema cardiaco che "attraverso uno screening preventivo delle condizioni di salute, possono comunque essere risolte, scongiurando gli eventi tragici e inaspettati", come spiegano gli esperti. Ma non basta.
VIDEO - I 10 video-tutorial di RSalute
Perché, al controllo attraverso un semplice elettrocardiogramma, è fondamentale associare anche una dieta idonea. E sempre i cardiologi sdoganano non solo i carboidrati della pasta, ma anche il cioccolato, purché fondente, il caffè e i cibi "rossi" per una dieta salvacuore, lanciando il messaggio per cui l'alimentazione è il vero farmaco del futuro.
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Perché non c’è nulla di etico nella vita di un vegano
È il 2017. Secondo tutti i film prodotti quando l’umanità pensava di
poter curare gli omosessuali con gli schiaffi viviamo in un futuro da
fantascienza. Certo, non abbiamo macchine volanti, non viviamo in un’era
post-razziale o nelle colonie su Marte, però abbiamo l’etica. E una
bussola morale formata dalle gif di Beyoncé che ci spiegano come
navigarla.
Etica, infatti, è la parola del futuro. E quindi del nostro presente. Il lavoro è etico. La musica è etica. Lo sono le tasse. Anche le banche, ormai, sono etiche.
“Etica” è diventata la parola con cui definire noi stessi e chi ci circonda. Dividiamo le persone in buone o cattive a seconda di quanto rispecchiano la nostra idea di “etica”. Ma cosa si intende esattamente con “etica”? Tutti i più grandi pensatori della storia hanno scritto e dibattuto sul suo significato. Da Aristotele a Socrate, fino a Confucio. Da Tommaso D’Aquino a Kant, fino a Giulia Innocenzi. Nessuno, prima di lei, aveva però mai trovato una definizione precisa e sintetica di “etica”.
Etica, sostiene la collaboratrice di Santoro nel suo libro “Tritacarne”, significa non uccidere gli animali.
Sarebbe intellettualmente disonesto, però, attribuire quest’idea esclusivamente alla giornalista de Il Fatto Quotidiano; una riflessione così complessa richiede un’estensione computazionale non ascrivibile singolarmente a Giulia Innocenzi. Per arrivare a questa epifania intellettuale sono stati necessari milioni di vegani nel mondo.
I vegani sono infatti ossessionati dalla parola “etica”. È quella a cui ricorrono quando viene chiesto loro che cosa li abbia spinti a cambiare dieta. È come definiscono loro stessi. Persone con etica.
Hanno pure creato il “Parma Etica Festival”, una rassegna in cui si celebrano culture, tradizioni e usanze alimentari allogene con il nobile scopo d’aiutare le persone a dimenticare di vivere a Parma. Tre giorni di talk, workshop e seminari sull’etica vegan e vegetariana. E sulla “psicogenealogia transgenerazionale”, una branca della psicologia che unisce le esperienze traumatiche dei tuoi avi del Rinascimento con le difficoltà di ricezione di Lifegate.
Ospite speciale del festival? Giulia Innocenzi.
Altro esempio di questa ossessione si può trovare nel ricettario-bibbia della comunità vegana italiana dal titolo “La cucina etica”. Scopo dei suoi tre autori è quello di proporre ricette “etiche, salutiste, ecologiche, spirituali, legate allo sviluppo sostenibile”. Uno dei primi capitoli è dedicato alla quinoa.
La quinoa è considerata uno degli alimenti più nutrienti in natura ed è utilizzata di frequente nelle diete vegane per l’alta concentrazione di proteine che contiene; viene coltivata nei due Paesi più poveri del Sud America – Perù e Bolivia – e da quando è stata scoperta nelle “diete etiche” ha completamente stravolto l’esistenza degli abitanti di entrambi i Paesi. Dal 2006 al 2011 il prezzo della quinoa è triplicato, fino a raggiungere i 3mila euro la tonnellata, ma alcune varietà più pregiate – rossa real e nera – possono superare i 4mila e gli 8mila euro.
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Etica, infatti, è la parola del futuro. E quindi del nostro presente. Il lavoro è etico. La musica è etica. Lo sono le tasse. Anche le banche, ormai, sono etiche.
“Etica” è diventata la parola con cui definire noi stessi e chi ci circonda. Dividiamo le persone in buone o cattive a seconda di quanto rispecchiano la nostra idea di “etica”. Ma cosa si intende esattamente con “etica”? Tutti i più grandi pensatori della storia hanno scritto e dibattuto sul suo significato. Da Aristotele a Socrate, fino a Confucio. Da Tommaso D’Aquino a Kant, fino a Giulia Innocenzi. Nessuno, prima di lei, aveva però mai trovato una definizione precisa e sintetica di “etica”.
Etica, sostiene la collaboratrice di Santoro nel suo libro “Tritacarne”, significa non uccidere gli animali.
Sarebbe intellettualmente disonesto, però, attribuire quest’idea esclusivamente alla giornalista de Il Fatto Quotidiano; una riflessione così complessa richiede un’estensione computazionale non ascrivibile singolarmente a Giulia Innocenzi. Per arrivare a questa epifania intellettuale sono stati necessari milioni di vegani nel mondo.
I vegani sono infatti ossessionati dalla parola “etica”. È quella a cui ricorrono quando viene chiesto loro che cosa li abbia spinti a cambiare dieta. È come definiscono loro stessi. Persone con etica.
Hanno pure creato il “Parma Etica Festival”, una rassegna in cui si celebrano culture, tradizioni e usanze alimentari allogene con il nobile scopo d’aiutare le persone a dimenticare di vivere a Parma. Tre giorni di talk, workshop e seminari sull’etica vegan e vegetariana. E sulla “psicogenealogia transgenerazionale”, una branca della psicologia che unisce le esperienze traumatiche dei tuoi avi del Rinascimento con le difficoltà di ricezione di Lifegate.
Ospite speciale del festival? Giulia Innocenzi.
Altro esempio di questa ossessione si può trovare nel ricettario-bibbia della comunità vegana italiana dal titolo “La cucina etica”. Scopo dei suoi tre autori è quello di proporre ricette “etiche, salutiste, ecologiche, spirituali, legate allo sviluppo sostenibile”. Uno dei primi capitoli è dedicato alla quinoa.
La quinoa è considerata uno degli alimenti più nutrienti in natura ed è utilizzata di frequente nelle diete vegane per l’alta concentrazione di proteine che contiene; viene coltivata nei due Paesi più poveri del Sud America – Perù e Bolivia – e da quando è stata scoperta nelle “diete etiche” ha completamente stravolto l’esistenza degli abitanti di entrambi i Paesi. Dal 2006 al 2011 il prezzo della quinoa è triplicato, fino a raggiungere i 3mila euro la tonnellata, ma alcune varietà più pregiate – rossa real e nera – possono superare i 4mila e gli 8mila euro.
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Studio shock. L’alimentazione vegetariana uccide più animali di quella onnivora (se equilibrata e a km-0)
Anche vegani e vegetariani uccidono gli animali: ecco in che modo
Sicurezza Alimentaregiovedì 23 novembre 2017
13 cibi che fanno solo finta di essere salutari
Chi più, chi meno, cerchiamo tutti come possiamo di prenderci cura della nostra salute e del nostro corpo. Per non mortificare il gusto, solitamente proviamo a scegliere i piatti sani più invitanti (o almeno cerchiamo di renderli tali). Esistono però alcuni cibi che possono sembrare salutari, ma che in realtà non fanno molto per la nostra linea o per il nostro benessere. Ad esempio, le chips di banana: al contrario delle banane, frutti ricchi di proprietà benefiche, le chips sono fritte, quindi più caloriche, e spesso addizionate con sostanze chimiche per aumentare il sapore di banana. Ecco quindi 13 cibi che fanno finta di essere salutari ma non lo sono.
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martedì 21 novembre 2017
Cibi per la pancia piatta: 30 alimenti preziosi
Quali sono i cibi più indicati per avere una pancia piatta? Esistono degli alimenti più indicati per sgonfiare lo stomaco e mantenere una pancia tonica?
Una cosa importante è assumere cibi con molte fibre, come quelle contenute nei cereali, nella frutta e verdura, in alcuni frutti secchi e nei semi.
Scopri in questa gallery i 30 alimenti più indicati per avere e conservare una pancia piatta!
Guarda anche: Cibi disintossicanti: gli alimenti per la dieta detox
Guarda anche: Alimenti che accelerano il metabolismo: tutti i cibi che aiutano a dimagrire!
Guarda anche: Cibi antidepressivi: cosa mangiare per combattere la depressione
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