sabato 14 novembre 2020

Cure anti-Covid a casa: pronte le prime linee-guida. Dall’eparina alle vitamine: cos’è consigliato e cosa no

"Il ruolo dei medici di medicina generale è cruciale e va portato al centro della gestione dei malati. In queste ore è pronto per una sua valutazione concertata con i medici un documento che è stato promosso su iniziativa del ministro e che vuole essere una linea di indirizzo" spiega il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli

Da tempo veniva richiesto un protocollo di cure domiciliari per il Covid per coloro che sviluppano la malattia, ma non hanno necessità di ricovero ovvero la stragrande maggioranza delle persone che vengono infettate da Sars Cov 2. 

Adesso è stata realizzata una bozza del documento “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2′”alla cui stesura ha contribuito il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli. “Il ruolo dei medici di medicina generale è cruciale e va portato al centro della gestione dei malati. In queste ore è pronto per una sua valutazione concertata con i medici un documento che è stato promosso su iniziativa del ministro e che vuole essere una linea di indirizzo. Ciò per dare indicazioni sia sul monitoraggio che sulla linee terapeutiche per evitare sovraccarico degli ospedali. Il documento è pronto e verrà condiviso e concertato con i medici” ha detto nella conferenza stampa al ministero della Salute per l’analisi della situazione epidemiologica.

In primis c’è la misurazione periodica dell’ossigeno con il saturimetro. Il consiglio è il ricorso a trattamenti sintomatici come il paracetamolo e di non modificare terapie croniche in atto; corticosteroidi, eparina e antibiotici sono da utilizzare in precise situazioni e comunque su prescrizione e consiglio del medico; non sono raccomandati supplementi vitaminici e integratori (lattoferrina, vitamina D ecc) per cui non esistono evidenze solide di efficacia. Tra le indicazioni c’è quella di non utilizzare l’idrossiclorochina; non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri.

Il saturimetro misura la quantità di ossigeno arterioso presente nel sangue. In condizioni normali, la saturazione dell’emoglobina arteriosa si avvicina al 100 per cento. In presenza di malattie respiratorie o situazioni critiche conseguenti a traumi, questo valore tende a calare. I valori ottimali dell’emoglobina satura di ossigeno si aggirano intorno al 97-98%. Quando i valori scendono al 90% si parla di ipossiemia (ridotta quantità di ossigeno nel sangue). In pazienti giovani e sani la percentuale non deve scendere al di sotto del 95%, in pazienti anziani o con patologie respiratorie e cardiovascolari concomitanti croniche la soglia critica è 92%.

martedì 10 novembre 2020

Coronavirus quali sono i sintomi del contagio e quali sono i test da fare. I consigli del ministero della Salute

Alla luce della crescita esponenziale dei casi di covid e delle ultime decisioni de governo di differenziare l’Italia in tre zone sulla base del rischio, è importante cercare di capire quali sono i sintomi più diffusi per diagnosticare l’avvenuto contagio da Sars-Cov-2. Il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità hanno redatto una sorta di questionario con domande e risposte per aiutare le persone a valutare se, in caso di malessere, si tratti di influenza o di coronavirus. Innanzitutto occorre capire se si è a rischio contagio e quali sono i sintomi. I sintomi variano in base alla gravità della malattia, dalla loro assenza (asintomatici), alla presenza di febbre, tosse, mal di gola, mal di testa, naso che cola, debolezza, affaticamento e dolore muscolare e nei casi più gravi, polmonite, insufficienza respiratoria, sepsi e shock settico, che possono portare anche alla morte.

I sintomi più comuni sono comunque: la febbre ≥ 37,5°C e i brividi, una tosse di recente comparsa, una difficoltà respiratoria, la perdita improvvisa dell’olfatto (anosmia) o la diminuzione dell’olfatto (iposmia), la perdita del gusto (ageusia) o l’alterazione del gusto (disgeusia), avere il naso che cola, avere il mal di gola o la diarrea (soprattutto nei bambini).
Ci sono persone più a rischio? Sì, i soggetti con più di 70 anni e quelli con patologie preesistenti, come ipertensione, problemi cardiaci, diabete, malattie respiratorie croniche o cancro e pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita, trapiantati o in trattamento con farmaci immunosoppressori) hanno maggiori probabilità di sviluppare forme gravi di malattia.

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Coronavirus: piatti, posate, bicchieri e cibo sono a rischio di contagio? Le domande e le risposte del BfR tedesco


giovedì 5 novembre 2020

Come si lavano le mascherine con alcol al 70 per cento.

Si sanificano ad alte temperature, sopra i 60 gradi

Devono asciugare per almeno mezz’ora in un luogo protetto. Ed essere conservate in una busta di plastica fino al momento del riutilizzo

COME LAVARE LE MASCHERINE

Non sprechiamo le mascherine. E non compriamole in modo compulsivo, quando possiamo ancora utilizzare quelle che già abbiamo. Così risparmiamo ed evitiamo di gonfiare la catena dei rifiuti di questo oggetto entrato ormai nella nostra vita quotidiana e con il quale dovremo fare i conti a lungo, molto a lungo.
 
Come vedremo, ogni tipo di mascherina ha il suo possibile lavaggio (quelle di stoffa sono le più facili da igienizzare, e potete farlo anche con la normale lavatrice). Ma prima è importante capire come si usa la mascherina, per evitare che poi diventi non più utilizzabile, anche con il più accorto dei lavaggi. Un video tutorial di Angela Colino, supervisore scientifico della Fondazione Veronesi, offre una risposta chiara a questa domanda.

LEGGI ANCHE: Mascherine: ecco quelle biodegradabili. Le realizza una piccola azienda artigiana di Lentate sul Seveso

COME SANIFICARE LE MASCHERINE

Quando si parla di mascherine, si parla essenzialmente, all’inizio come ora, di mascherine di tipo chirurgico che riducono il rischio, da parte di chi le indossa, di contagiare il prossimo. Questo tipo di mascherina, infatti, ferma l’uscita delle goccioline che vengono emesse quando si parla o quando si starnutisce. Tale mascherina non protegge però chi la indossa. Mentre invece le mascherine con il filtro FFP2 oFFP3, senza valvola, riservate al personale medico o a chi si trova a contatto con i malati, proteggono dal contagio altrui. Esistono poi le mascherine cosiddette “egoiste”, cioè quelle con valvola che proteggono solo chi le indossa ma se è un malato ad indossarle, gli altri non vengono protetti dal possibile contagio.


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martedì 3 novembre 2020

Covid: anticorpi 'impazziti' causano la formazione di trombi

Scovati in metà dei pazienti, già associati a altra malattia

(ANSA) - ROMA, 03 NOV - Scoperta una importante causa di una comune complicanza vista nei pazienti Covid, la formazione di coaguli di sangue (trombi): si tratta di specifici 'auto-anticorpi' (anticorpi impazziti che attaccano il paziente stesso) che innescano la formazione dei trombi e che sono stati trovati in ben la metà dei pazienti ricoverati per Covid.
    Resa nota sulla rivista Science Translational Medicine, è la scoperta di Yogen Kanthi, del Michigan Medicine Frankel Cardiovascular Center e del National Institutes of Health's National Heart, Lung, and Blood Institute.
    La sindrome Covid si associa di frequente a formazione di coaguli di sangue in grandi e piccoli vasi, specie nei polmoni dove compromette gli scambi gassosi. Gli esperti hanno studiato il sangue di 172 pazienti ricoverati per Covid e individuato in almeno metà dei pazienti presenza di autoanticorpi 'anti-fosfolipidi'. Si tratta di autoanticorpi già noti perché responsabili di una grave malattia autoimmunitaria chiamata appunto 'sindrome degli anticorpi anti-fosfolipidi', caratterizzata proprio da formazione di trombi.
    "In pazienti COVID-19, continuiamo a vedere un incessante ciclo di infiammazione e formazione di trombi" - spiega Kanthi.

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venerdì 23 ottobre 2020

Vitamina B12: “Aiuta le difese immunitarie, ma si trova solo in alimenti di origine animale”

"La vitamina B12 è l’unica tra quelle del gruppo B presente unicamente in alimenti di origine animale. Per questo chi segue una dieta vegana o vegetariana può avere carenze", spiega la dottoressa Alice Cancellato

Una vitamina fondamentale per le difese immunitarie, che si trova però solamente in alimenti di origine animale: parliamo della vitamina B12 o cianocobalamina. “E’ l’unica vitamina tra quelle del gruppo B presente unicamente in alimenti di origine animale. Per questo motivo chi segue una dieta vegana o vegetariana, o anche solo una alimentazione per oltre la metà fatta da alimenti di origine vegetale, può avere carenze e deve considerare di integrarla”, spiega a Gazzetta Active la dottoressa Alice Cancellato, biologa nutrizionista del Centro scienze della natalità e ginecologia oncologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

A che cosa serve la vitamina B12?
“Partecipa alla produzione dei globuli rossi e alla sintesi del DNA, oltre che al processo di coagulazione del sangue insieme all’acido folico. E’ inoltre importante per il sistema nervoso e per il sistema immunitario”.

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Influenza: ecco la dieta che aiuta a rinforzare le difese immunitarie

giovedì 22 ottobre 2020

Mascherine e distanza abbassano 1000 volte carica virale

L'utilizzo di mascherine e distanziamento abbassa di mille volte la carica virale del SarsCov2. Lo dimostra uno studio dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr) pubblicato su Clinical Microbiology and Infection e condotto su circa 400 casi di COVID-19 analizzati fra marzo e maggio 2020.

Si è evidenziato che al diminuire dell'esposizione al contagio, la carica virale dei pazienti arrivati in Pronto Soccorso si è man mano ridotta fino a essere mille volte inferiore rispetto a marzo; in parallelo, anche la gravità della malattia si è ridotta.


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Covid, ecco perché siamo nei guai

domenica 18 ottobre 2020

Covid, lo studio: il gruppo sanguigno peserebbe sul rischio contagio

Secondo recenti ricerche internazionali pubblicate sulla rivista specializzata "Blood Advanceso" lo 0 sarebbe meno vulnerabile al coronavirus

Le persone del gruppo sanguigno A sarebbero più a rischio di contagio coronavirus, seguite da quelle del gruppo AB, che sembrerebbero ammalarsi più gravemente. Mentre i soggetti del gruppo 0 sarebbero meno vulnerabili al Covid-19. A queste conclusioni sono giunte le analisi, condotte sulle due sponde dell'Atlantico, da diversi team di scienziati, che hanno studiato popolazioni diverse. I risultati, dunque, sul legame tra i vari tipi sanguigni e i pericoli di contrarre il SARS-Cov-2 sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Blood Advances.

La teoria, in circolazione da alcuni mesi, sulla base di vari piccoli studi, pare così rafforzarsi: il ceppo sanguigno influenzerebbe quindi, non solo il livello di rischio di contrarre il Covid, ma anche le probabilità di sviluppare l'infezione in maniera più o meno grave.

 

Questi i dati. Il primo studio, realizzato in Danimarca su 7.422 cittadini positivi al coronavirus, ha osservato meno contagiati tra le persone del tipo 0 e più tra quelle appartenenti alla categoria sanguigna A. In particolare, solo il 38.4% dei malati era del gruppo sanguigno O (a cui appartiene invece il 41.7% della popolazione danese). Il 44.4% degli infetti è risultato del gruppo A, che a livello di popolazione globale rappresenta 42.4%.


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Frutta secca amica della vista: uno studio svela quale protegge gli occhi

Tra i benefici della frutta secca c'è anche quello di proteggere la retina. I risultati di uno studio. Frutta secca che passione. Da qua...