sabato 25 giugno 2016

Omega 3: guida al consumo degli acidi grassi essenziali molto presenti nel pesce azzurro e nel salmone e pochissimo nei filetti di sogliola

I semi di lino e il loro olio sono ottime fonti di omega 3
Gli omega 3 sono acidi grassi essenziali per il metabolismo umano con un ruolo chiave nel funzionamento delle cellule, in particolare dei neuroni. Il problema è stabilire quanti omega 3 servono all’organismo per mantenersi in forma. Secondo la AHA (American Health Association), un adulto sano dovrebbe assumerne attraverso il cibo una quantità massima pari a 2 g al giorno.  Questa dose si raggiunge, per esempio, con  3 g di olio di lino, oppure 8 g di semi di lino, oppure 20 g di noci sgusciate. Dosaggi più alti sono consigliate per la prevenzione e la cura di alcune malattie, e vanno assunte con la supervisione di un medico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) raccomanda una quantità minima di omega 3 pari a 500 mg ogni settimana, che si raggiunge mangiando pesce due volte nell’arco dei 7 giorni. Per i vegetariani bastano con oli vegetali contenenti acido alfa-linolenico (uno degli omega 3 fondamentali per la nostra salute). Un altro metodo di calcolo proposto dalla WHO, prevede come dose ottimale una quantità compresa tra lo 0,5% e il 2% delle calorie giornaliere (N.d.A.: il documento si riferisce agli omega 3 con il sinonimo chimico n-3). Detto questo vanno però sfatati alcuni luoghi comuni sugli omega 3 che non aiutano certo a fare chiarezza e alimentano la confusione sul tema.

Il pesce d’allevamento non è buono perché ha meno omega 3 del pesce catturato in mare


Parzialmente falso. Il pesce selvatico catturato in mare aperto  (sardine, aringhe, spatola, merluzzo, coda di rospo…) solitamente ha una percentuale maggiore di omega 3, perché si nutre di fitoplancton, o di organismi che a loro volta lo assimilano. Il pesce e i gamberi d’allevamento sono invece foraggiati con mangimi a base di soia, quindi contengono meno omega 3. Per contro, in genere il pesce d’allevamento contiene una maggiore quantità di grasso totale – sia saturi che insaturi, come gli omega 3 –  perché viene alimentato regolarmente e nuota meno sprecando meno energia. Alla fine si può dire che un etto di pesce d’allevamento contiene una quantità di omega 3 simile al pesce selvatico. Un altro elemento da considerare è che il pesce allevato consumato in Italia  (orata, branzino, rombo, baccalà…) rientra nella specie di pesce magro quindi con un carico di grasso ridotto rispetto al pesce pesci azzurro e al salmone.

Basta mangiare pesce due volte alla settimana per avere la quantità d’omega 3 necessaria per l’organismo. 

Vero solo in parte. Il pesce non è l’unica fonte di omega 3, e in ogni caso la quantità varia moltissimo tra una specie e l’altra. Come si può vedere nella tabella in basso la dose giornaliera media di omega 3  si raggiunge con un etto di sgombri, oppure due etti di sardine, oppure con 2,7 kg di filetti di sogliola.


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