Batteri, virus, funghi, tracce di cibo. Sulle metalliche tastiere dei bancomat
si nasconde un vero e proprio nido di germi. E nel periodo influenzale,
la macchina - apparentemente innocua - può trasformarsi in 'untore',
favorendo la circolazione di malattie stagionali. E' la conclusione di
uno studio dell'università di New York, pubblicato su 'mSphere', rivista
della società americana di microbiologia.
Già diverse ricerche avevano analizzato la presenza di microrganismi delle tastiere di numerose apparecchiature,
dai pc ai telefoni fino ai distributori automatici di biglietti per il
trasporto pubblico, rilevando sempre una buona quantità di microbi. Per
quantificarne la presenza sui bancomat, i ricercatori hanno analizzato
66 macchine in diversi quartieri newyorkesi. "Le superfici degli Atm -
hanno spiegato - presentano un'interessante biodiversità". I
microrganismi più presenti sono quelli che si trovano, in genere, sulla
pelle umana. Ma sono stati rilevati anche microbi intestinali o alcuni normalmente presenti sulla mucosa genito-urinaria.
Frequenti anche le tracce di cibo, differenti da quartiere a
quartiere: a Chinatown sono state riscontrate più tracce di molluschi e
pesce, ad Harlem di pollo. Ma è lo zucchero, in generale, il residuo
alimentare più frequente.
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venerdì 16 dicembre 2016
lunedì 12 dicembre 2016
Zenzero candito: basta caramelle, ecco lo spuntino intelligente
Zenzero candito; in questa guida vi illustreremo come creare delle caramelle gommose a base di questa spezia che apporta molteplici benefici al nostro organismo. Vediamo insieme come fare
Volete sapere come fare lo zenzero candito in casa? Se adorate le caramelle gommose a base di questa spezia, vi consigliamo di leggere questa guida che vi illustrerà passo passo come fare lo zenzero candito direttamente a casa vostra. Ovviamente, lo zenzero, pur essendo candito, mantiene tutti i suoi benefici, come ad esempio quello di migliorare la digestione, calmare le nausee dovute al periodo di gestazione oppure alleviare i dolori dovuti da tensioni muscolari. Veniamo alla preparazione dello zenzero candito. Per prima cosa, dovrete procurarvi 500 grammi di zenzero già pulito, 500 g di zucchero, di canna o semolato, e un litro di acqua potabile.
Per pulire lo zenzero, non dovete fare altro che rimuovere la buccia con un coltello, dopodiché tagliarlo a fettine sottili, oppure a cubetti. A questo punto, dovrete mettere lo zenzero all’interno di una pentola contenente acqua fredda e portare a bollore. Ricordatevi che le fettine o i cubetti di zenzero devono essere alti almeno 3 mm. Lasciate bollire lo zenzero all’interno dell’acqua per almeno 30 o 40 minuti. In alternativa alla classica pentola, potete utilizzare quella a pressione; in questo caso il tempo di cottura si ridurrà a 15 minuti circa.
Quando lo zenzero sarà diventato abbastanza morbido, potrete
scolarlo e rimetterlo nella pentola con altra acqua. Dopo averlo fatto,
aggiungete 500 grammi di zucchero di canna e portate nuovamente a
bollore. Lasciate cuocere fino a quando non sarà evaporata tutta
l’acqua; in genere, questo procedimento impiega dai 20 ai 30 minuti. Una
volta trascorso il tempo necessario, dovrete prelevare lo zenzero
candito aiutandovi con un colino, dopodiché lasciarlo raffreddare per
almeno un’oretta. Dopo che il vostro zenzero candito si sarà
raffreddato, dovrete farlo asciugare utilizzando della carta assorbente o
della carta da forno.
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Volete sapere come fare lo zenzero candito in casa? Se adorate le caramelle gommose a base di questa spezia, vi consigliamo di leggere questa guida che vi illustrerà passo passo come fare lo zenzero candito direttamente a casa vostra. Ovviamente, lo zenzero, pur essendo candito, mantiene tutti i suoi benefici, come ad esempio quello di migliorare la digestione, calmare le nausee dovute al periodo di gestazione oppure alleviare i dolori dovuti da tensioni muscolari. Veniamo alla preparazione dello zenzero candito. Per prima cosa, dovrete procurarvi 500 grammi di zenzero già pulito, 500 g di zucchero, di canna o semolato, e un litro di acqua potabile.
Per pulire lo zenzero, non dovete fare altro che rimuovere la buccia con un coltello, dopodiché tagliarlo a fettine sottili, oppure a cubetti. A questo punto, dovrete mettere lo zenzero all’interno di una pentola contenente acqua fredda e portare a bollore. Ricordatevi che le fettine o i cubetti di zenzero devono essere alti almeno 3 mm. Lasciate bollire lo zenzero all’interno dell’acqua per almeno 30 o 40 minuti. In alternativa alla classica pentola, potete utilizzare quella a pressione; in questo caso il tempo di cottura si ridurrà a 15 minuti circa.
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Zenzero secco: proprietà e valori nutrizionali
sabato 3 dicembre 2016
Pane integrale: quale e perché sceglierlo e come farlo in casa
Pane bianco o pane integrale? Qual è la scelta migliore? Indubbiamente consumare un prodotto realizzato con una farina integrale e dunque non raffinata è meglio, ancora di più poi se è fatto in casa con prodotti di qualità e lievito naturale.
Nel momento in cui andiamo ad acquistare il pane integrale al forno o al supermercato sorge però un problema. La farina con cui è realizzato è davvero integrale?
Spesso la risposta è no, in quanto si tratta di prodotti da forno
realizzati con una normale farina bianca (quindi raffinata) a cui sono
stati aggiunti crusca rimacinata o cruschello, scarti
del processo di raffinazione. Si tratta quindi in realtà non solo di un
prodotto non davvero integrale ma di farina sottoposta a due processi e
definita per questo "integrale ricostituita”.
Tutto ciò è perfettamente legale, nel senso
che la legge n.187 del 9 febbraio 2001 stabilisce che una farina può
definirsi integrale quando il tasso di ceneri (minerali) è compreso tra
1,30 e 1,70 su cento parti di sostanza secca. Ciò significa che si può etichettare come integrale anche un prodotto realizzato con farina raffinata
a cui è stata aggiunta successivamente della crusca per renderla più
scura. La maggior parte delle farine “integrali” in commercio e i
prodotti “integrali” sono realizzati proprio così.
Ma veniamo dunque al perché scegliere il pane integrale (quello vero).
PERCHE’ SCEGLIERE IL PANE INTEGRALE
Scegliere il pane integrale è un’opzione consigliabile in quanto si tratta di un alimento più completo rispetto alla variante bianca
generalmente più consumata. Ciò è dovuto al fatto che la farina con cui
si realizza questo pane è ottenuta da tutto il chicco di grano e dunque
contiene maggiori nutrienti. E’ in particolare il buon apporto di fibre
che è utile al nostro organismo in molti sensi: dal benessere
gastrointestinale alla riduzione dell’indice glicemico dell’alimento e
del suo apporto calorico.
I motivi per cui è meglio consumare pane integrale piuttosto che bianco possono essere riassunti così:
• Contiene tutte le parti del chicco ed è per questo un alimento completo
• Contiene minerali e vitamine
• E’ ricco di fibre (che aiutano il transito intestinale)
• Tende a saziare di più
• E’ meno calorico
• Ha un minore indice glicemico
• Riduce l'assorbimento di grassi e colesterolo
• I cereali integrali proteggono da alcune malattie come diabete tipo 2 e cancro al colon-retto
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venerdì 2 dicembre 2016
Quanto inquina davvero l’olio di palma? Un lettore si chiede quale sia il vero impatto del grasso tropicale, tra incendi, deforestazione e trasporto
Spesso si afferma che la coltivazione dell’olio di girasole
libera nell’atmosfera più CO2 di quanto ne liberi la coltivazione
dell’olio di palma e che, dunque, la coltivazione dell’olio di palma
contribuisce meno al riscaldamento globale della coltivazione dell’olio
di girasole. Ammesso che ciò sia vero, forse da adesso in poi l’olio di
palma produrrà meno CO2 rispetto all’olio di girasole. Ma prima? Spesso
ci si dimentica del prima. Perché, per predisporre la coltivazione
dell’olio di palma in Indonesia, è stata bruciata un’area di foresta
tropicale pari alla Germania e quegli incendi hanno prodotto anidride
carbonica.
Allora mi chiedo: è stato messo in conto anche il CO2 liberato nell’atmosfera dagli incendi delle foreste? Perché se dovessimo includere nel conto dell’anidride carbonica prodotta per la coltivazione dell’olio di palma anche quello degli incendi, io non sarei più tanto sicuro che il saldo finale vada a vantaggio dell’olio di palma! Purtroppo, per valutare la bontà di una scelta (nel nostro caso quella di coltivare l’olio di palma) si guarda troppo spesso al solo al guadagno futuro, dimenticandosi di includere nel conto le perdite passate.
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Allora mi chiedo: è stato messo in conto anche il CO2 liberato nell’atmosfera dagli incendi delle foreste? Perché se dovessimo includere nel conto dell’anidride carbonica prodotta per la coltivazione dell’olio di palma anche quello degli incendi, io non sarei più tanto sicuro che il saldo finale vada a vantaggio dell’olio di palma! Purtroppo, per valutare la bontà di una scelta (nel nostro caso quella di coltivare l’olio di palma) si guarda troppo spesso al solo al guadagno futuro, dimenticandosi di includere nel conto le perdite passate.
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Ecco cosa si nasconde dietro l'olio di palma sostenibile: sfruttamento minorile e violazione dei diritti umani
martedì 29 novembre 2016
Fuga dagli ospedali, rischiano di sparire 40mila specialisti
Nel mirino le assunzioni bloccate e i numeri chiusi
Paolo Russo
A lanciare l’allarme sulla fuga dagli ospedali d’Italia è uno studio condotto dall’Anaao, il più forte sindacato di categoria, pronto allo sciopero sotto le feste se il governo non metterà sul piatto proposte concrete per arginare il problema e soldi per rinnovare un contratto fermo al palo da sette anni.
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Tra sette anni un italiano su tre non avrà più il medico di famiglia
Paolo Russo
Roma
Dopo una passeggera crisi di vocazione i ragazzi hanno ripreso a
fare a spinte per entrare nelle facoltà di medicina, ma tra blocchi
delle assunzioni e numeri troppo chiusi nelle ancora più ambite scuole
di specializzazione nei prossimi dieci anni dai nostri ospedali
rischiano di sparire 40mila camici bianchi. Una desertificazione di
ambulatori e corsie che, insieme agli altri 16mila medici di famiglia
mancanti da qui a sette anni, rischia di mandare in tilt il nostro
sistema di assistenza sanitaria. Anche perché a mancare all’appello
saranno soprattutto chirurghi, ginecologi, pediatri, internisti,
specialità delle quali non si può fare a meno. A lanciare l’allarme sulla fuga dagli ospedali d’Italia è uno studio condotto dall’Anaao, il più forte sindacato di categoria, pronto allo sciopero sotto le feste se il governo non metterà sul piatto proposte concrete per arginare il problema e soldi per rinnovare un contratto fermo al palo da sette anni.
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Tra sette anni un italiano su tre non avrà più il medico di famiglia
lunedì 28 novembre 2016
MA QUALE CELIACHIA – Chiamatela Roundup – Sono 12 mila anni che l’umanità si nutre di frumento senza problemi, ma ecco di colpo l’emergenza “intolleranza al glutine” …le cause? Chiedetele alla Monsanto!
SONO ALMENO 12 MILA ANNI CHE L’UMANITA’ MEDITERRANEA SI NUTRE DI FRUMENTO SENZA PROBLEMI. E di colpo, ecco sorgere la “intolleranza al glutine”, con relativo ipersviluppo degli affari relativi a questa “malattia”: paste senza glutine a 5 volte il prezzo delle normali, prodotti bio dove l’etichetta dichiara “senza glutine”, cibi spesso a carico del servizio sanitario nazionale… Il glutine è un veleno? Si deve sospettare del grano geneticamente modificato? Per una volta no. Anche se c’entra il Roundup, il diserbante della Monsanto, specifiamente concepito dalla multinazionale per essere usato in abbondanza coi suoi semi geneticamente modificati (modificati appunto per resistere al diserbante, che uccide tutte le erbacce) . Come ha scoperto la dottoressa Stephanie Seneff, ricercatrice senior al Massachusetts Institute of Technology (MIT), da una quindicina d’anni gli agricoltori americani, nelle loro vastissime estensioni, hanno preso l’abitudine di irrorarle di Roundup immediatamente prima della mietitura.In questo caso, approfittano delle qualità disseccanti del prodotto, con il suo agente attivo, glisofato. Hanno scoperto che, spargendo tonnellate di glisofato, la resa per ettaro aumenta. Perché? Perchè, prova a spiegare la Seneff, “le brattee protettive si frantumano, la spiga muore, e con l’ultimo sospiro, rilascia i chicchi” che altrimenti resterebbero attaccati nel resti della spiga ancor umida. L’aumento di resa non è enorme, ma è importante per coltivatori stra-indebitati con le banche. Inoltre, il disseccamento facilita la battitura condotta coi giganteschi macchinari industriali (spesso affittati, quindi se li si può usare per meno giorni, si risparmia) e consente di anticipare l’operazione di mietitura. “Un campo di grano matura di solito in modo ineguale; una irrorata di Roundup consente di disseccare ugualmente le zone ancor verdi e quelle già gialle, e procedere alla mietitura nello stesso tempo”, ha spiegato un coltivatore di nome Keith Lewis. E’ dunque l’estrema manifestazione della industrializzazione totale dell’agricoltura americana, nel quadro della violenza generale sulla natura (hanno abolito la rotazione agricola, coltivano sempre le stesse colture da denaro sullo strssso campo, compensando l’impoverimento del terreno con tonnellate di fertilizzanti chimici), hubrys che resterà sempre come lo stigma dell’americanismo quando avrà condotto all’estinzione di questa civiltà.
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Bufala
sabato 26 novembre 2016
Dopo i cinghiali, in Valsesia anche i funghi contengono Cesio”
La scoperta dell’Istituto Zooprofilattico durante il controllo della selvaggina
L’ente regionale ha infatti realizzato un campionamento mai riportato in letteratura, analizzando 2369 cinghiali, 226 caprioli, 157 camosci, 215 cervi. E ha allargato la ricerca del cesio radioattivo anche ad altri alimenti. Risultato? «La radioattività è anche nei funghi». È bene precisare che «al momento si tratta di una ricerca esplorativa basata su pochi campioni, ma i dati indicano la necessità di approfondire, non solo nei funghi ma anche nei frutti di bosco», spiega la dottoressa Maria Caramelli, direttrice dell’Istituto.
I controlli sono stati eseguiti nelle province di Vercelli e del Verbano Cusio Ossola, nel comprensorio Valsesia e nella confinante Val Sessera, in base a dove erano stati fatti i campionamenti ambientali dell’Arpa. Le analisi sono state svolte a Vercelli, nella sede dell’Istituto Zooprofilattico sotto la supervisione del dottor Pierluigi Cazzola e i risultati parlano chiaro: «Il 5% dei cinghiali analizzati presenta un livello di Cesio 137 superiore ai 600 becquerel (il sistema internazionale di misurazione della radioattività) per chilo, ovvero il limite tollerabile dall’uomo in caso di incidente nucleare, secondo quanto previsto dal Regolamento Europeo del 2008. Sui funghi, inizialmente abbiamo esaminato 68 campioni prelevati in modo non controllato nella stessa zona dei cinghiali. Abbiamo riscontrato un campione positivo e deciso quindi di realizzare ora una ricerca ad hoc, che amplieremo anche ai frutti di bosco». Sono stati controllati anche «campioni di latte e formaggio prodotti in zona, ma sono risultati tutti negativi», assicura Caramelli.
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Torino
Prima i cinghiali. Adesso i funghi. A tre anni dal caso della
selvaggina radioattiva in Valsesia, sono arrivati i primi risultati
dello studio effettuato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di
Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Dati che aprono nuovi interrogativi,
accendendo i riflettori anche su altre specie alimentari.L’ente regionale ha infatti realizzato un campionamento mai riportato in letteratura, analizzando 2369 cinghiali, 226 caprioli, 157 camosci, 215 cervi. E ha allargato la ricerca del cesio radioattivo anche ad altri alimenti. Risultato? «La radioattività è anche nei funghi». È bene precisare che «al momento si tratta di una ricerca esplorativa basata su pochi campioni, ma i dati indicano la necessità di approfondire, non solo nei funghi ma anche nei frutti di bosco», spiega la dottoressa Maria Caramelli, direttrice dell’Istituto.
I controlli sono stati eseguiti nelle province di Vercelli e del Verbano Cusio Ossola, nel comprensorio Valsesia e nella confinante Val Sessera, in base a dove erano stati fatti i campionamenti ambientali dell’Arpa. Le analisi sono state svolte a Vercelli, nella sede dell’Istituto Zooprofilattico sotto la supervisione del dottor Pierluigi Cazzola e i risultati parlano chiaro: «Il 5% dei cinghiali analizzati presenta un livello di Cesio 137 superiore ai 600 becquerel (il sistema internazionale di misurazione della radioattività) per chilo, ovvero il limite tollerabile dall’uomo in caso di incidente nucleare, secondo quanto previsto dal Regolamento Europeo del 2008. Sui funghi, inizialmente abbiamo esaminato 68 campioni prelevati in modo non controllato nella stessa zona dei cinghiali. Abbiamo riscontrato un campione positivo e deciso quindi di realizzare ora una ricerca ad hoc, che amplieremo anche ai frutti di bosco». Sono stati controllati anche «campioni di latte e formaggio prodotti in zona, ma sono risultati tutti negativi», assicura Caramelli.
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