Nonostante il disastro di Shanghai, il governo cinese continua a insistere con la strategia "zero COVID", soprattutto per motivi politici
Negli ultimi due mesi in Cina i casi positivi al coronavirus rilevati dall’inizio della pandemia sono passati da circa 130mila a oltre un milione. Nonostante il notevole aumento di contagi, il governo cinese continua a insistere con la strategia “zero COVID”, che si è mostrata inefficace nel contrastare la diffusione di una variante molto contagiosa come omicron. Centinaia di milioni di persone sono sotto lockdown in varie aree della Cina, spesso con esiti disastrosi come nel caso di Shanghai, i confini sono sostanzialmente bloccati e ci sono enormi difficoltà nei porti dove transita buona parte delle esportazioni del paese.
Le politiche di contenimento hanno portato negli ultimi giorni a una riduzione dei nuovi casi positivi, almeno stando alle rilevazioni ufficiali, ma con un costo enorme non solo in termini economici, ma anche di qualità della vita per milioni di cinesi costretti a rimanere segregati in casa per giorni, spesso con grandi difficoltà nel reperire cibo e altri generi di conforto. Secondo vari osservatori, gli ultimi due mesi di contrasto alla pandemia sono tra i più gravi errori di valutazione compiuti dal Partito comunista cinese negli ultimi decenni, con importanti responsabilità imputabili al presidente Xi Jinping, alla ricerca tra pochi mesi della terza riconferma alla guida del paese.
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