giovedì 2 giugno 2022

L’olio di girasole scarseggia, ma la sostituzione con altri oli rischia di farci fare qualche passo indietro

 

I contraccolpi della guerra in Ucraina sui beni alimentari sono diversi e importanti. Abbiamo già parlato della ‘crisi del grano‘, che rischia di colpire soprattutto i paesi a basso reddito al di fuori dell’Ue. Meno evidente, ma comunque significativo, è il problema che riguarda l’olio di girasole, di cui Ucraina e Russia sono i principali produttori mondiali (60%). La questione investe decisamente l’Italia, anche perché negli ultimi sette anni i consumi di olio di girasole sono cresciuti e in nostro import di prodotto grezzo dall’Ucraina è aumentato, passando dal 54% al 63%. Gli usi di questo prodotto sono disparati, dall’industria biochimica ed energetica ai mangimi, dalla produzione di conserve e dolci alla ristorazione fuori casa. Uno spazio rilevante lo occupano anche i prodotti da forno. Particolarmente in quest’ambito, il claim ‘senza olio di palma’ sulle confezioni è molto diffuso e questo grasso economico, un tempo molto apprezzato dall’industria per le sue caratteristiche ‘tecniche’ e il prezzo conveniente, è stato in molti casi sostituito proprio con l’olio di girasole, che vanta un minor contenuto di grassi saturi e un minor impatto sull’ambiente. Che cosa dobbiamo quindi aspettarci ora, con una guerra che sta devastando il territorio del primo produttore mondiale? Dobbiamo immaginare un ritorno all’uso massiccio dell’olio di palma anche nell’industria alimentare?

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