Aumentano le prove, anche se la pistola fumante non c’è ancora: la pandemia da Coronavirus Sars-CoV-2 sembra abbia avuto origine dal mercato ittico Huanan di Wuhan, forse da un cane procione (Nyctereutes procyonoides), un canide dall’aspetto volpino, le zampe corte e il pelo folto, venduto sia per la carne che per la pelliccia (vedi foto sopra). Vanno infatti in questa direzione tre studi appena pubblicati, ancora in attesa di revisione ma che, anche secondo la rivista Nature che ne ha riassunto le conclusioni. I ricercatori sono relativamente concordi nell’individuare proprio nel grande mercato di animali vivi e già macellati la possibile origine della pandemia: i primi due con una localizzazione molto specifica, il terzo con l’analisi genetica dei primi due focolai della fine del 2019.
La storia ha inizio con l’ispezione dei virologi mandati dall’Oms, che non avevano rilevato alcuna positività negli oltre 200 campioni di animali analizzati (tra i quali polli, serpenti, salamandre giganti, tassi, coccodrilli siamesi), ma avevano trovato casi di positività tra i circa mille campioni raccolti tra le gabbie, i banconi e gli ambienti del mercato. A quel punto, i ricercatori del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (CCDC), che a loro volta avevano cercato, senza successo, il coronavirus in 18 specie di animali, hanno iniziato (e poi pubblicato come pre-print a fine febbraio) un’accurata analisi genetica dei campioni positivi dell’Oms. I ricercatori hanno confermato che i virus circolanti allora erano pressoché identici a quelli isolati nei primi pazienti, già dei due tipi (lignaggi) A e B, avvalorando quindi l’idea che tutto avesse avuto origine da lì in due eventi separati a novembre e dicembre 2019.
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